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Carceri, Severino: “E’ meglio il braccialetto elettronico”

di Daniela Lauria |29 Novembre 2011 16:19

ROMA – Punta sulle misure alternative, il nuovo ministro della Giustizia, Paola Severino, nella sua audizione alla Commissione giustizia del Senato. Per affrontare l’emergenza carceri non serve un solo intervento ma una serie di provvedimenti atti a rafforzare il sistema di misure alternative alla detenzione: tra queste ha citato il braccialetto elettronico, l’affidamento in prova, la detenzione domiciliare.

“L’amnistia non è la soluzione”  ha precisato e comunque non sarebbe “di portata governativa” in quanto richiede iniziative parlamentari. Per incidere sul sovraffollamento delle carceri sarebbe meglio “verificare se non ci siano altri mezzi deflattivi con portata stabilizzante del sistema carcerario”, come le misure alternative appunto. Con esse il guardasigilli promette “risparmi notevoli”, in quanto “i problemi tecnici sono risolvibili” e aggiunge che dove è applicato il braccialetto “il tasso di recidiva è estremamente limitato”. I provvedimenti svuota carceri sono provvisori, “liberano momentaneamente carceri che sono destinate a riempirsi di nuovo” ha detto il ministro. E anche con la costruzione di nuove carceri, “che richiede tempi lunghi”, ”non si può far fronte all’emergenza attuale, caratterizzata da un numero di detenuti non sostenibile e non coniugabile con il rispetto dei diritti fondamentali della persona”. Per questo dunque bisogna puntare su interventi strutturali, come le misure alternative alla detenzione.

Sul fallimento del braccialetto elettronico che “in altri Paesi ha avuto grande successo”, secondo il Guardasigilli si deve cercare di comprendere il perché di un uso “in questi anni molto limitato”. Il ministro ha annunciato di aver preso contatto con il ministero dell’Interno, “abbiamo unito le forze, unito i tecnici, forse si può varare un progetto” grazie al quale “vi sarebbero risparmi notevoli per le misure carcerarie non attuate”.

E l’allargamento dell’istituto della detenzione domiciliare “potrebbe essere tra gli obiettivi più immediati da prendere in considerazione”. C’è da riflettere anche sull’affidamento in prova, un istituto che c’è in altri Paesi e che in Italia “per i minori ha funzionato benissimo” e che potrebbe dare risultati soprattutto sul profilo del “reinserimento sociale” .

Infine precisa che “nessuno ha mai parlato di abolizione degli ordini”. Liberalizzare non vuole dire consentire a chiunque di fare l’avvocato. Ma eliminare gli ostacoli eccessivi all’esercizio delle professioni”. Così il ha tranquillizzato sui timori che si erano diffusi soprattutto nell’avvocatura.

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