ROMA – Carmine Balzano e gli altri suoi due colleghi annegati. Su quel traghetto naufragato, il Norman Atlantic, ci stavano per “colpa” del pesce di Capodanno.
Un viaggio maledetto, il loro. Pieno di intoppi, guasti e mezzi di trasporto persi. Coincidenze che hanno portato Carmine e i suoi due colleghi a imbarcarsi sul Norman Atlantic e a morire annegati a migliaia di km da casa.
A raccontare il tutto, al Corriere della Sera, è Enzo Spina, cognato di Carmine. Un racconto che inizia con un normale viaggio di lavoro. I tre hanno un accordo con un’azienda per comprare del pesce da vendere per Capodanno. Ma qualcosa nel viaggio che li deve portare da Napoli a Patrasso e ritorno va storto.
Già a Napoli c’è il primo problema. Racconta Spina:
“Il velivolo per un guasto non decolla. Ma, dopo un po’, il quartetto viene imbarcato su un altro aereo e arriva in Grecia”.
Arrivati a Patrasso un nuovo problema:
“Per una serie di difficoltà e ritardi nel carico delle anguille, Carmine e altri due camionisti non possono prendere il “loro” traghetto che arriva a Brindisi. Solo uno dei quattro si imbarca e arriva tranquillamente in Puglia. I tre, invece – dice tra i singhiozzi Enzo Spina -, salgono a bordo del Norman Atlantic per Ancona per il loro appuntamento con la morte. Un viaggio davvero maledetto: per Carmine, quello del 28, era poi l’ultimo”
Intanto, però, qualcosa non torna. Enzo non ha visto il corpo di Carmine se non in foto. E di quella foto non si fida:
«Mi hanno fatto vedere le immagini di un cadavere, ma non ho identificato in quella foto il corpo di mio cognato che aveva i capelli più chiari. Per me è ancora un disperso. Mia sorella? Come volete che stia… è distrutta, in uno stato pietoso. La teniamo sotto sedativo».
La moglie, invece, accusa:
“Per tre giorni – dice con i figli Fabiana e Luigi (il terzo, Mario, sta tornando dalla Germania) – abbiamo chiesto notizie al numero verde del ministero e alla Capitaneria di porto. Ci hanno sempre risposto di stare tranquilli perché lui era sulla nave. Ma noi sapevamo che non era così. E lo sa perché? L’ultimo contatto è avvenuto alle 3 di notte del 28 quando Carmine era sulla già scialuppa. Per questo motivo eravamo certi che non fosse sul traghetto. Abbiamo parlato con lui fino a quando il telefonino non ha perso campo: ci diceva che stava pregando perché era molto credente, che la nave bruciava e alcuni suoi compagni di sventura piangevano. È stato un commiato tremendo, non potremo mai dimenticarlo”.
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