LECCE – Botte e insulti. Un matrimonio durato appena 8 mesi quello tra Carolina Marconi, ex concorrente del Grande Fratello, e Salvatore De Lorenzis, imprenditore di 46 anni. L’8 gennaio De Lorenzis è stato condannato a 20 mesi di carcere e a risarcire la ex moglie per 30mila euro con l’accusa di maltrattamenti in famiglia.
Erasmo Marinazzo sul Quotidiano di Puglia scrive che i pm avevano chiesto per De Lorenzis 2 anni di carcere con le accuse di maltrattamenti in famiglia, violenza privata ed appropriazione indebita:
“Dopo tre ore di camera di consiglio, il giudice Sergio Tosi ha sì condannato l’imprenditore ma ha ritenuto insussistenti le ipotesi di reato di appropriazione indebita e di violenza privata, per la Mercedes Classe E da 75mila euro che De Lorenzis trattenne dopo il rientro a Roma della consorte ed anche per le migliaia di euro di multe e di polizze assicurative notificate alla Marconi per infrazioni commesse dal marito.
Accuse precise e dirette quelle lanciate dagli avvocati nel processo tenutosi nell’aula-mignon “Cappuccilli 2” del Tribunale di Lecce. Alessandra Merenda, che difende la show girl con la collega Elena Garavaglia, ha attribuito all’impreditore salentino aggressioni fisiche, minacce, insulti ed un atteggiamento ossessivo scatenato da una incontenibile gelosia. Francesco Fasano, invece, ha sostenuto, che se qualche dissapore c’è stato, sarebbe inquadrabile nelle sole beghe coniugali. E che questo processo – ha detto ancora – si sarebbe dovuto tenere davanti ad un Tribunale civile invece che penale”.
I legali della Marconi durante il processo hanno parlato di
“comportamenti reiterati nel tempo, dall’ottobre del 2009 all’agosto del 2010 e narrati nelle denunce di febbraio, maggio, luglio ed agosto”.
E alcuni episodi in aula sono stati sottolineati dagli avvocati della showgirl:
“Come l’incontro della sera del 2 febbraio del 2010 al ristorante “L’Ibiza” di Milano: «Oltre alle violenze fisiche la mia assistita subì una serie di frasi ingiuriose come “sei una troia”. E’ stata minacciata con un coltello mentre gli diceva “ti ammazzo, sei una s…, sei una t…”.
A maggio, tornati a casa, gli chiese le chiavi della macchina per andare a recuperare il telefono cellulare. Al rientro lui le urlò a chi dovesse telefonare, chi dovesse sentire e poi la buttò sul letto per riempirla di pugni in testa e farle chiedere 100 volte perdono e la frase “mia madre è una t…”.
Le strappò i capelli, la riempì di graffi e le strinse le mani attorno al collo causandole anche uno stato d’ansia che permane ancora oggi”. Entro 30 giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza. Scontato il ricorso in appello”.
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