ROMA – Un funerale da 125mila euro: che quella di Vittorio Casamonica non fosse una cerimonia comune lo si era visto. A dare la cifra, il giorno dopo, sono i parenti del defunto. Davanti ai giornalisti e alle telecamere ribadiscono di non essere mafiosi, sostengono che ad essere mafiosi sono i “politici”, “gli stupratori di bambini” e persino “quella dell’acido” (con riferimento probabile a Martina Levato) e spiegano che potrebbero benissimo essersi messi d’accordo, aver dato ognuno 50 euro e alla fine, in “2.500-3.000 che siamo”, aver raccolto niente di meno che 125mila euro per un funerale come quello di giovedì 20 agosto: petali di rosa lanciati da un elicottero, carrozza con cavalli, banda musicale che suona la colonna sonora del Padrino.
Padrino sì, ma niente mafia, ripetono. Vittorio Casamonica un boss? Assolutamente no, ha spiegato il nipote Luciano al Corriere Tv:
“Mio zio era conosciutissimo perché comprava e vendeva auto. La mafia tutta un’altra cosa. Vittorio era una bravissima persona. Noi sapevamo che doveva morire e abbiamo fatto di tutto per accontentarlo: gli piacevano tanto le feste non volevamo fare una cosa di pianto. E’ usanza, sono anni che quando muore uno dei nostri vecchi si usano le carrozze e i cavalli”.
Perché, allora, definire Vittorio Casamonica “re di Roma” sui manifesti lanciati al funerale, qualcuno si domanda. Ma Luciano Casamonica ha subito una risposta: “Nel gergo nostro, nella nostra cultura (cultura di origine sinti, ndr) significa che per noi è un re, il nostro re di Roma”.