Vittima di un errore giudiziario. Alberto Ogaristi ha dovuto trascorrere ingiustamente gli ultimi tre anni in carcere con l’accusa di aver ucciso Antonio Amato, uomo legato a una fazione dei Casalesi. Ogaristi, muratore di Casal di Principe, venne riconosciuto nel 2002 da un albanese sopravvissuto all’agguato. Il riconoscimento non avvenne però attraverso una foto segnaletica, inesistente perché Ogaristi era incensurato, ma grazie a una foto scattata di nascosto ai testimoni di fatti di camorra nelle caserme. L’albanese, nel frattempo ritornato in patria, non fu mai ascoltato durante il processo.
L’8 marzo del 2002 Ogaristi viene arrestato assieme a Giovanni Letizia, killer della camorra. Due anni dopo la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere gli ha assolti entrambi, ma la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha impugnato la sentenza. Ogaristi aveva detto agli inquirenti che al momento dell’omicidio lui era con la sua fidanzata, ma lei non era stata in grado di confermare il suo alibi. Nel 2005 la Corte d’Assise di Appello ha condannato Ogaristi e assolto Letizia. In seguito tutti i collaboratori di giustizia hanno confermato che invece Giovanni Letizia era colpevole.
Nel 2007 la condanna è diventata definitiva e il 6 luglio Ogaristi è stato portato in carcere dove ha tentato anche il suicidio. Sei mesi dopo la sentenza della Cassazione, Massimo Iovine, pentito di camorra, aveva dichiarato, come riporta il quotidiano Il Mattino: «Vivo con la morte nel cuore perché in carcere c’è un giovane che sta pagando per un omicidio commesso da me. Fui io a uccidere Antonio Amato, quell’Ogaristi non c’entra niente».
A questo punto Raffaello Falcone, il pubblico ministero che aveva accusato Ogaristi, ha chiesto la revisione del processo. La corte d’Appello di Roma ha rigettato la richiesta, ma la Cassazione ha censurato il lavoro dei magistrati romani e così il processo è passato a Perugia. Anche per i magistrati perugini Ogaristi è colpevole e così la Cassazione trasferisce tutto a Firenze, dove Ogaristi ha ottenuto finalmente giustizia. L’uomo ha dichiarato al Mattino: «È troppo presto per sapere come mi sento se provo odio o rancore. Ora voglio solo godermi la mia famiglia. Quando sono stato arrestato la mia bambina aveva un anno e mezzo, ora ne ha cinque e devo recuperare il tempo perduto. Il lavoro? Devo prima cercarlo. Poi si vedrà».