Cassazione, con il cartellino timbrato in altra sede si perde il posto

Cassazione, con il cartellino timbrato in altra sede si perde il posto
Cassazione, con il cartellino timbrato in altra sede si perde il posto

ROMA  – Si rischia la perdita del posto di lavoro se, senza l’autorizzazione a svolgere attività fuori sede, si timbra il cartellino di entrata e uscita in uffici differenti da quello nel quale si è effettivamente in servizio, anche se la casa madre è la stessa.

La Cassazione ha infatti confermato il licenziamento per la dipendente di una Asl di Torino, Laura B., che per 32 volte in un anno aveva ‘beggiato’ in un ufficio diverso da quello dove era in forza. Per circa un anno, l’azienda sanitaria aveva tenuto sotto osservazione il suo comportamento in contrasto con le direttive interne. Ad avviso della Suprema Corte – sentenza 23784 – in questo caso “la massima sanzione era adeguata in considerazione della natura dolosa della condotta reiteratamente realizzata della dipendente ad onta della negata autorizzazione del superiore a svolgere la propria attività lavorativa fuori sede, la qual cosa denotava la pervicacia nel disattendere le regole datoriali ispirate ad un regolare funzionamento dei servizi ed alla possibilità di effettuare controlli”.

Pertanto – prosegue la Cassazione respingendo il ricorso della donna contro il licenziamento – “non poteva esservi dubbio sul fatto che in tal modo veniva ad essere oggettivamente leso il necessario vincolo fiduciario”. Senza successo, Laura B. ha fatto presente che strisciando il cartellino altrove non aveva provocato alcun danno patrimoniale alla Asl e che era spropositato farle perdere il posto solo per “una mera violazione di disposizioni interne comunicate verbalmente dal superiore gerarchico”. Nei confronti dell’impiegata – dipendente della Asl 3 del capoluogo piemontese fino al 14 giugno 2005, quando le arrivò la lettera espulsiva – è aperto anche un procedimento penale per falsa attestazione di lavoro straordinario.

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