Cassazione: critica sindacale? Vietato dire “notoriamente imbecille”

ROMA – La contrapposizione sindacale, anche aspra, non giustifica il ricorso all’espressione ”notoriamente imbecille” riferita ad un avversario non per quanto riguarda le sue posizioni politiche, ma con riferimento alle suo personali capacità intellettive. Lo sottolinea la Cassazione, con la sentenza 15060, con la quale ha confermato la multa di mille euro ciascuno nei confronti di due sindacalisti della Cgil operanti presso la spa ‘CTM’ di Cagliari.

I due, Stefano D. e Roberto P., avevano affisso un manifesto e diffuso volantini, nel marzo del 2003, contro un sindacalista dissidente, Maurizio P., che aveva indetto un referendum per abrogare un accordo sottoscritto dai sindacati con l’azienda. Nei manifestini c’era scritto che l’iniziativa referendaria era stata presa, tra l’altro, da ”dissidenti frustrati da mancati riconoscimenti in carriera solo perchè notoriamente imbecilli (vedi il caso dell’ingegnere…)”.

In questa frase si era riconosciuto il sindacalista dissidente in quanto era l’unico iscritto alla Cgil ad avere quella laurea. Contro la condanna alla multa, e al risarcimento dei danni morali, i due sindacalisti hanno protestato in Cassazione sostenendo che il termine imbecille voleva criticare solo ”atteggiamenti di contrapposizione sindacale motivati unicamente da personali di rancore verso l’azienda” e rientrava nel ”legittimo esercizio del diritto di critica”.

Ma la Cassazione non ha condiviso questa giustificazione in quanto ”l’attribuzione a Maurizio P. delle caratteristiche dell’imbecillità, a maggior ragione, dove rafforzata dal predicato della notorieta’ di tale condizione, non può in alcun modo essere intesa come riferita esclusivamente a scarsa assennatezza in occasione di contrapposizione tra posizioni sindacali”.

L’espressione ”notoriamente imbecille”, posta, per di più, ”a fondamento dei mancati avanzamenti di carriera di Maurizio P., si presenta invece come intrinsecamente rivolta a denotare una qualità generale e permanente della sua persona, tanto da essere oggetto di ormai notoria conoscenza e di valutazione in sede professionale”. In pratica è una ”gratuita aggressione alla persona offesa e non si puo’ ritenere giustificata”.

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