Cassazione: "No a riapertura processo per Flavio Carboni"

Pubblicato il 17 Novembre 2011 - 19:32 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 17 NOV – Non sarà riaperto il processo per l'omicidio del banchiere del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, a carico del faccendiere Flavio Carboni, del cassiere della mafia Giuseppe Calò e di Ernesto Diotallevi, ritenuto vicino alla banda della Magliana.

Lo ha deciso la Prima sezione penale della Cassazione che, evidentemente – nonostante il corposo ricorso della Procura di Roma – ha ritenuto che non ci siano elementi per mettere in discussione la mancanza di responsabilità sicuramente accertate innanzi alla quale si era arresa la Corte d'Assise di Appello di Roma prosciogliendo i tre imputati. Calvi fu trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra il 18 giugno 1982: la sua morte è uno dei delitti eccellenti rimasti insoluti ed ereditati dalla storia giudiziaria della Prima Repubblica.

In particolare i supremi giudici hanno respinto il reclamo del pm Luca Tescaroli, articolato in 19 motivi di impugnazione e 130 pagine nelle quali ha messo in evidenza le numerose falsità che, a suo avviso, sono emerse dagli interrogatori di Carboni che, tra l'altro, il giorno del delitto si trovava a Londra nello stesso hotel dove alloggiava Calvi. Secondo il pm, Carboni – finito recentemente sotto inchiesta nell'indagine sulla cosiddetta loggia P3 – aveva un movente in quanto "la soppressione del banchiere gli avrebbe assicurato l'impunità per i delitti di bancarotta del Banco Ambrosiano e di riciclaggio in cui era coinvolto". Tra circa un mese, forse prima, si conosceranno le motivazioni in base alle quali la Suprema Corte ha deciso di archiviare per sempre le indagini sull'uomo d'affari sardo, su Calò e Diotallevi. Nel verdetto di secondo grado, emesso il 7 maggio 2010 dalla Corte di Assise di Appello di Roma, comunque era stato accertato che Calvi non si era suicidato e che "Cosa Nostra impiegava il Banco Ambrosiano e lo Ior come tramite per massicce operazioni di riciclaggio". Quanto ai possibili mandanti, i giudici d'appello avevano ritenuto che in tanti avevano a cuore l'eliminazione del banchiere "dalla mafia alla camorra, alla P2, allo Ior e ai politici italiani (beneficiari delle tangenti o interessati a cambiare l'assetto del Banco Ambrosiano o a mutare gli equilibri di potere all'interno del Vaticano)". Persino i servizi segreti inglesi, "essendosi acclarato che Calvi aveva, tra l'altro, finanziato l'invio di armi in Argentina durante il conflitto per le Falkland".

La Procura della Suprema Corte, rappresentata da Gabriele Mazzotta, si era espressa a favore di un nuovo processo.