Cassazione: oggi è meno grave l'abbandono tetto coniugale

ROMA – Assolta, dalla Cassazione, con la formula "perchè il fatto non costituisce reato", una signora russa Elena B., sposata con un calabrese, che era stata condannata sia in primo che in secondo grado a due mesi di reclusione, pena sospesa dalla condizionale, per avere abbandonato il tetto coniugale di Castrovillari ed essere andata a vivere a Roma dove lavorava come badante. Ad avviso della Suprema Corte, anche in mancanza delle procedure per la separazione, non è più così grave infrangere certi obblighi.

Al giorno d'oggi, spiega l'alta Corte, il coniuge che si sottrae agli obblighi di assistenza morale e materiale del partner, nella forma dell'abbandono del domicilio domestico, commette reato solo se mancano ragioni che giustifichino tale allontanamento, come la "intollerabilità" della convivenza, altrimenti il fatto di per sè non può portare alla condanna.

"Occorre ribadire che – scrive la Cassazione nella sentenza 12310 – alla luce della normativa regolante i rapporti di famiglia e della stessa evoluzione del costume sociale e relazionale, la qualità di coniuge non è più uno stato permanente, ma una condizione modificabile per la volontà, anche di uno solo, di rompere o sospendere il vincolo matrimoniale".

"Volontà la cui autonoma manifestazione – spiega la Corte – pur se non perfezionata nelle specifiche forme previste per la separazione o lo scioglimento del vincolo coniugale, può essere idonea ad interrompere senza colpa e senza effetti penalmente rilevanti taluni obblighi, tra i quali quello della coabitazione".

"La logica ulteriore conseguenza, ignorata dalla sentenza che ha condannato la signora russa – insistono i supremi giudici – è che la condotta tipica di abbandono del domicilio domestico è integrata soltanto se l'allontanamento risulti privo di una giusta causa, connotandosi di reale disvalore dal punto di vista etico e sociale".

Nel caso di Elena B., i giudici di merito di Castrovillari e della Corte di Appello di Catanzaro – li bacchetta la Cassazione – si erano "limitati ad osservare" che la donna se ne era andata via di casa, senza "neppure porsi il problema di una più approfondita conoscenza" delle ragioni della sua scelta.

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