Cassazione. No a manette, narcotici e violenza per curare i tossicodipendenti

I metodi brutali con i tossicodipendenti non vanno usati, anche se spesso la violenza viene usata per “guarirli”. Vietati dunque anche manette e narcotici, perch éla libertà della persona è un bene che deve essere tutelato ancor prima di quello della salute a tutela della quale solo il magistrato puo’ prescrivere ”trattamenti sanitari obbligatori”. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 26159.

La Suprema Corte ha confermato la condanna per sequestro di persona nei confronti di Pietro P. (48 anni) che con il consenso dei suoi familiari, rapi’ Lisa P. portandola per quattro giorni in una casa lontana al paese nella quale la giovane abitava e aveva i contatti con gli spacciatori. Senza successo, in Cassazione, Pietro P. ha chiesto di non essere condannato e di ottenere il riconoscimento di aver agito perché spinto dallo ”stato di necessità” di evitare che Lisa riprendesse l’uso della cocaina che, da tre mesi, aveva cessato.

La madre e il fratello della ragazza temevano la ‘ricaduta’ in quanto Lisa dopo la sospensione della polvere bianca aveva iniziato ad assumere droghe leggere e si trovava in uno stato di confusione con crisi di anoressia alternate a bulimia. Pietro P., amico di famiglia, aveva agito su consiglio di un medico che gli aveva detto che la cosa migliore era ”portare la ragazza lontano dal suo ambiente”.

Così Lisa venne prelevata a forza dalla sua casa di Rolo (Reggio Emilia) per essere trasportata, contro la sua volontà, a Gaggio Montano. Qui venne ‘liberata’ e si poteva muovere liberamente in questo nuovo domicilio. La ‘prigionia’ durò quattro giorni. Pietro P. aveva effettivamente agito per il bene di Lisa e in accordo con i suoi parenti, senza mai approfittare della ragazza. La Cassazione, tuttavia, ha condannato – cosi’ come stabilito nel maggio 2009 dalla Corte d’Appello di Bologna – il comportamento di Pietro P. dal momento che ”l’avvio dell’azione di sequestro fu indubitabilmente violento”. La ragazza per quanto ”avesse assecondato i disegni del suo rapitore, per ingraziarselo, fece di tutto per liberarsi dalla detenzione, scrivendo biglietti alla madre ed invocando la liberazione”.

I Supremi Giudici inoltre sottolineano che il rischio di ricaduta nella droga non può giustificare il sequestro di una persona, nemmeno se avviene su consiglio di un medico e ricordano che ”non è mai possibile, nemmeno al legislatore, violare i limiti imposti al rispetto della persona umana ed è sempre vietato il trattamento sanitario obbligatorio, se non in forza di legge”.

Gestione cookie