La cedolare secca conviene?

ROMA – La cedolare secca sugli affitti conviene a chi ha un reddito alto e non a chi invece ha entrate più ridotte. Questo finora è il ragionamento che ha accompagnato la nuova norma. Si paga solo 21% se la casa è affittata a mercato libero o il 19% se si tratta di un canone “concordato”, al posto dell’Irpef e dell’imposta di registro. Ma ci sono tanti fattori da considerare, come spiega una tabella del Sole 24 Ore.

Istat. Il padrone di casa che sceglie la cedolare secca non potrà chiedere adeguamenti Istat all’inquilino. Spiega il Sole: “Nessuno può prevedere l’inflazione ma l’andamento di questi ultimi anni fanno sperare male e un’ipotesi del 2% annuo sembra probabile. Il che vuol dire, su un affitto da 600 euro a mese, 144 euro all’anno che oltretutto entrano a far parte del canone, quindi si tratta di una specie di “interesse composto” che funziona come l’anatocismo: l’anno seguente l’Istat si calcola non su 7.200 ma su 7344 euro annui e va a 147 euro. E così via”.

Aumenti periodici. Il divieto di aumentare il canone per il periodo della cedolare è assoluto, quindi niente revisioni dell’affitto basati, per esempio, su un accordo con l’inquilino che a sue spese fa alcuni lavori in casa.

Addizionale regionale. Ogni Regione ha la sua, ma dato che la cedolare la assorbe, dove è più alta è più vantaggiosa.

Addizionale comunale. c’è anche questo aspetto da considerare: alcuni comuni neanche l’hanno applicata con il risultato che a Milano (dove non c’è) la cedolare non convince molto, a Roma invece (dove è allo 0,9) i proprietari sono più interessati.

Burocrazia. Per i nuovi contratti va fatta una speciale denuncia online (sono pochi i casi nei quali si usa il vecchio modello 69). Bisogna accreditarsi e si riceve il pincode. Poi arriverà una nuova imposta e adempimenti separati dall’Irpef: se l’importo a vantaggio della cedolare è minimo (100-200 euro) forse i nuovi impegni burocratici non valgono la candela.

Affitti in nero. La cedolare dovrebbe spingere chi finora non ha registrato il contratto e pagato le tasse a mettersi in regola. In Italia sono circa 500mila gli immobili in nero. Non è solo questione di vantaggio fiscale: l’inquilino infatti per legge può provvedere direttamente alla registrazione e facendo così otterrebbe un canone pari al triplo della rendita catastale (poche centinaia di euro all’anno, in media) per quattro anni. Ma non è detto che la cedolare convenga al padrone di casa. Infatti questi dovrebbe registrare il contratto come se iniziasse in quel momento, “dimenticando” il periodo precedente in nero e sperando che il Fisco non faccia controlli altrimenti scatterebbero le sanzioni previste. In secondo luogo l’inquilino che volesse mettersi in regola avrebbe qualche difficoltà: molti uffici delle Entrate vogliono una copia del contratto e i dati catastali, che spesso mancano.

Senza contare che nei piccoli centri spesso i contratti in nero sono a favore di parenti o amici, che non farebbero uno sgarbo al padrone di casa. La cosa però andrebbe a vantaggio degli inquilini delle grandi città, spesso incattiviti da anni di affitto in nero e con canoni altissimi.

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