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Cella troppo piccola, mobili ingombrano: al detenuto soldi e sconto di pena

di admin |25 Dicembre 2014 16:05

Cella troppo piccola, mobili ingombrano: al detenuto soldi e sconto di pena

ROMA – I mobili rubano spazio, la cella diventa troppo piccola e il giudice stabilisce che il detenuto va risarcito. Un carcerato ha ottenuto dal tribunale di sorveglianza di Verona uno sconto di pena e un risarcimenti perché gli arredi della cella riducevano lo spazio vitale della sua cella, che la Corte europea per i diritti dell’uomo ha stabilito essere di minimo tre metri quadri.

E c’è da chiedersi se il caso potrebbe fare scuola, visto che in Italia ci sono – dati del marzo 2014 – 59.728 detenuti in carceri che avrebbero posto per 45 mila persone. Scrive Giampaolo Iacobini sul Giornale:

Tuttavia, per tutelare la dignità di chi vive in gattabuia, da tempo e per tempo, fissando quale limite quello del 28 maggio scorso, la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva avvisato: ai detenuti vanno garantiti almeno 3 metri quadrati a testa. Magari costruendo nuove strutture carcerarie, pure per evitare il continuo ricorso a indulti, amnistie e condoni vari.

Il termine stabilito, però, è scaduto invano. E per evitare condanne miliardarie ed una figuraccia planetaria, ad agosto il governo Renzi c’ha messo una pezza, forse peggiore del buco. Prevedendo per decreto un abbuono d’un giorno ogni 10 passati in carceri sovraffollate ed un indennizzo di 8 euro per ciascuno di essi.

Inevitabilmente, sono fioccate le richieste risarcitorie. E i casi ai confini della realtà. Come a Verona, dove il magistrato di sorveglianza, dopo apposita perizia affidata ad un geometra, manco la guardina fosse un condominio ha argomentato: «Per individuare lo spazio vitale si deve far riferimento al concetto di superficie calpestabile, individuabile sulla base della legge sull’equo canone e coincidente con la pavimentazione depurata dallo spessore di eventuali colini perimetrali e pilastri».

Non soddisfatto, ha passato minuziosamente in rassegna la voluminosità «di armadi, letti, tavoli, sedie, mobili pensili». In coda, il verdetto che fa giurisprudenza immobiliare: «Letti, tavola e sedie sono utilizzabili per varie finalità e quindi destinati a non ridurre lo spazio a disposizione del detenuto». Per armadi, radiatori e stipetti, che a differenza dei più versatili colleghi d’arredo evidentemente non possono aspirare ad essere altro da ciò che sono, vale regola diversa: «Sono suscettibili di unica ed esclusiva utilizzazione e vanno perciò scomputati dalla superficie lorda della cella».

Alla fine, sebbene il Tribunale avesse deciso – bontà sua – di lasciare nel conto «le bottiglie dell’acqua e le scatole per la raccolta degli oggetti», togli questo e caccia quello ci si è accorti che «lo spazio residuo era di 0,4 metri quadrati inferiore al minimo». Così per la direzione del carcere è arrivata la bocciatura, mentre il ricorrente ha ottenuto uno sconto di pena di 45 giorni ed un rimborso di 464 euro.

Una goccia nel mare: fino al 2016 si prevede di spendere, per situazioni del genere, più di 20 milioni, all’incirca 725.000 euro al mese. Tanto, pagano gli italiani.

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