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ROMA – In carcere usava un cellulare, nascosto nel biliardino, col quale chiamare la fidanzata e altri indagati. La sua sfortuna è che gliel’hanno scoperto il giorno prima del processo. E l’episodio è andato a influire sulla quantificazione della pena.
Scrive L’Eco di Bergamo:
(…) Alla fine il cellulare gli è costato un anno e 4 mesi in più, perché il comportamento del detenuto, A. L., 37 anni, albanese residente a Castelli Calepio, ha in pratica annullato il riconoscimento delle attenuanti generiche. Il fratello D. L., 27 anni, pure lui domiciliato a Castelli Calepio, che doveva rispondere degli stessi capi di imputazione, se l’è invece cavata con due anni e 10 mesi.
A condannare i due fratelli il giudice Stefano Storto, dopo che nelle scorse settimane il giudice Donatella Nava non aveva accolto la richiesta di patteggiamento a due anni e 10 mesi avanzata per entrambi dall’avvocato Michele Coccia. Se la condanna fosse stata ratificata all’epoca, A. L. si sarebbe risparmiato l’aumento di pena dovuto al cellulare abusivo.(…)”