Chiaravalle: Massimo Tarli, dg Manifattura Tabacchi, arrestato per contrabbando

Chiaravalle, direttore generale Manifattura Tabacchi arrestato per contrabbando
Chiaravalle, direttore generale Manifattura Tabacchi arrestato per contrabbando (foto Ansa)

CHIARAVALLE (ANCONA) – Chiaravalle, il direttore generale della Manifattura Tabacchi, Massimo Tarli, 47 anni, è stato arrestato con l’accusa di contrabbandare sigarette: lui e il responsabile dei rapporti con i clienti esteri (Luca Cecconi), sono stati arrestati insieme ad altre quattro persone nell’ambito di un’inchiesta del Gico della Guardia di finanza di Ancona per un traffico internazionale di sigarette di contrabbando da 100 milioni di euro.

Secondo l’indagine ‘Duty free‘, coordinata dalla procura di Ancona, con il supporto del Servizio antifrode delle Dogane, carichi di sigarette (circa 520 tonnellate) sarebbero partiti dalla Manifattura italiana tabacchi di Chiaravalle, formalmente destinati a paesi Extra Ue, ma in realtà diretti in Paesi della Ue, con un’evasione d’imposta pari a 73 milioni di euro.

L’attività di contrabbando sarebbe iniziata nel novembre del 2011. A carico degli arrestati (i due funzionari del Mit sono ai domiciliari) viene contestata l’associazione per delinquere transnazionale. A carico degli indagati le Fiamme gialle hanno sequestrato beni per 78 milioni di euro, su ordine del Gip.

Secondo la procura, i due manager (ora ai domiciliari) della società, che ha l’unità produttiva e i depositi nell’anconetano, facevano partire due camion a settimana formalmente diretti in paesi extra Ue (Moldavia, Ucraina) per consegnare sigarette a ditte inesistenti: la merce viaggiava in sospensione di imposta ma veniva smistata in Polonia e Belgio per la vendita in nero in Paesi europei, con un’evasione d’imposta di 73 milioni di euro. Tutto questo, avveniva grazie alla complicità di un intermediario croato-sloveno, Josip Papic, ‘primula rossa’ del contrabbando, che avrebbe assicurato il buon fine dei carichi oltreconfine. Con il traffico di ‘bionde’, secondo gli inquirenti, la Mit recuperava fatturato con l’export, e i manager guadagnavano prestigio e bonus sui maggiori ricavi.

Gli arresti domiciliari sono stati applicati anche un collaboratore esterno della Mit, Carmelo De Luca, pugliese di 55 anni, per l’accusa di aver ‘scortato’ le sigarette fino al confine italiano. Mentre è stato emesso un mandato d’arresto europeo per gli autisti delle spedizioni. Contestualmente alle misure cautelari, il gip di Ancona ha autorizzato sequestri preventivi per equivalente per oltre 78 milioni di euro: 73,3 milioni agli indagati, 5,7 milioni di immobili e denaro della Mit spa, chiamata in causa per illecito amministrativo connesso alla condotta dei suoi manager. In serata la società è intervenuta con un comunicato sottolineando che, in questa fase, suo “primario interesse è la difesa della filiera produttiva e occupazionale ad essa legata, nonché la difesa della sua immagine commerciale di consolidato protagonista del mercato italiano, nel rispetto della regolamentazione applicabile”.

La Società Manifattura italiana tabacco spa, poi, “si riserva ogni commento ed iniziativa” a sua tutela, dicendosi pronta a collaborare con la magistratura e ad avviare “le verifiche interne necessarie”. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati dal procuratore Melotti e dal comandante del Gico di Ancona, il colonnello Gianfranco Lucignano. Alla Mit spa, come azienda, ha spiegato il magistrato, viene contestato l’illecito amministrativo relativo all’accusa associativa contestata a due propri dirigenti; le irregolarità riguardano però non tutta l’azienda ma l’articolazione con base a Roma che si occupava dell’export. Sarebbero state 42, tra novembre 2011 e febbraio 2013, le fittizie esportazioni extra Ue (520 tonnellate di sigarette di marche ‘821’, ‘em@il’ e ‘Parioli’, prodotte dalla Mit spa) monitorate dalla Guardia di Finanza grazie anche a rilevatori satellitari piazzati sui tir e all’ausilio degli uffici e della rete di contatti europei delle Dogane.

Il meccanismo del contrabbando era semplice e poggiava su complicità di doganieri di paesi extra europei: alle frontiere arrivavano solo i documenti consegnati da uomini dell’intermediario sloveno, pagato 12.500 euro a carico per le ‘consulenze’ con bonifici a una ditta con sede alle Seychelles; il funzionario di turno li registrava, mentre in realtà i camion scaricavano la merce in magazzini polacchi e belgi appannaggio di ‘grossisti’ europei del contrabbando. E’ stato però proprio lo zelo di un doganiere polacco a mettere Dogane e Finanza sulla pista giusta: l’uomo si accorse che la quantità di ‘bionde’ su un tir non corrispondeva a quella segnata sulla bolla. Gli autoarticolati, formalmente diretti fuori dalla Ue, viaggiavano scarichi perché le sigarette erano già stoccate altrove, nell’Unione.

 

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