La Cina non prende più rifiuti di plastica italiani: e i depositi si incendiano La Cina non prende più rifiuti di plastica italiani: e i depositi si incendiano

La Cina non prende più rifiuti di plastica italiani: e i depositi si incendiano

La Cina non prende più rifiuti di plastica italiani: e i depositi si incendiano
La Cina non prende più rifiuti di plastica italiani: e i depositi si incendiano

ROMA – Il caso Lombardia nuova “terra dei fuochi” dove si bruciano i rifiuti stoccati e smaltiti illegalmente è quello più eclatante ma riguarda tutti i depositi italiani: il fumo e l’odore di plastica bruciata che avvolge Milano in questi giorni dipende (al netto dei comportamenti criminali) dal blocco imposto l’anno scorso dalla Cina alla spazzatura straniera.

In particolare alla plastica che ormai trabocca nei depositi di stoccaggio e che incentiva i roghi che servono a cancellare i rifiuti in eccesso e stoccati fuori dalla legge. 

Fino allo scorso anno la Cina (inclusa Hong Kong) assorbiva il 72,4 dei rifiuti plastici esportati dai paesi di tutto il mondo. Il business dello smaltimento rifiuti di plastica, carta, residui tessili contaminati, cioè i materiali cui è stato imposto lo stop, valeva 17 miliardi: con l’operazione “yang laji” il governo cinese ha però preferito rinunciare per diminuire l’inquinamento in patria.

Scaricando sul resto delle nazioni il problema: a giugno scorso, uno studio pubblicato su Science Advances ha stimato che il divieto relativo all’import di rifiuti plastici avrebbe lasciato “senza casa” 122 milioni di tonnellate di plastica in tutto il mondo.

La plastica è dunque diventata un’emergenza nazionale, il caso lombardo è quello più impattante. Cesare Giuzzi sul Corriere della Sera spiega che in Lombardia, “la regione che produce il maggior numero di rifiuti speciali – 29,4 milioni di tonnellate, il 22% di quelli italiani, fonte Ispra – e che vede il record di impianti per il trattamento (1122), il sistema della plastica è al collasso”. 

 

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