Cirio: 9 anni a Cragnotti, 4 anni a Geronzi

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Sergio Cragnotti (foto Lapresse)

ROMA – Nove anni di reclusione per Sergio Cragnotti e quattro anni per Cesare Geronzi. Si conclude così, dopo tre anni di udienza, il processo sul dissesto da 1.125 milioni di euro della Cirio.

La sentenza, emessa dalla prima sezione penale del tribunale di Roma, colpisce pesantemente le presunte responsabilità dell’imprenditore (anche se la richiesta di condanna era di 15 anni) e del suo principale finanziatore (8 anni). Ma non solo.

Nelle maglie della giustizia erano finiti anche i collaboratori dei due principali indagati e, in parte, oggi condannati: il genero di Cragnotti, Filippo Fucile (4 anni e 6 mesi) ed i figli dell’ex patron del gruppo agroalimentare Andrea (4 anni), Elisabetta (3 anni) e Massimo (3 anni). Condannato anche l’ex dirigente della Banca di Roma Antonio Nottola (3 anni e 6 mesi).

Dei 35 imputati circa una decina sono stati assolti. Tra loro l’ex ad della Banca Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani, e Flora Pizzichemi, moglie di Cragnotti.

Bancarotta fraudolenta, preferenziale e distrattiva, oltre a truffa, i reati per i quali la procura ha proceduto. Il tribunale ha, inoltre, inflitto a Unicredit, in qualità di responsabile civile, ed agli imputati condannati di pagare 200 milioni di euro come risarcimento in via provvisionale all’ amministrazione straordinaria del gruppo agroalimentare.

”Resto tranquillo perché continuo a ritenere di avere agito correttamente, nell’ambito delle reesponsabilità statutarie, esercitando il compito proprio naturale, del banchiere, senza commettere alcun illecito – ha commentato Geronzi –diversamente, in casi della specie, la funzione di ogni banchiere resterebbe paralizzata. Confido che in sede di appello come già è accaduto in una altra circostanza del genere, l’ulteriore ponderata riflessione consentirà di fare piena chiarezza e di riconoscere l’assoluta non colpevolezza del mio comportamento”.

Dal canto suo il legale di Sergio Ccragnotti, l’avvocato Massimo Krogh ha commentato la sentenza affermando che ”siamo in presenza di una pena modesta rispetto alle richieste avanzate dai pm. Speriamo di poter in appello portare avanti le nostre ragioni perché il reato di bancarotta si può consumare anche in un singolo episodio”.

Lo stesso Cragnotti, nel preannunciare ricorso in appello, ha espresso sollievo per il ridimensionamento delle posizioni a carico dei figlio e del genero nonché dell’assoluzione della moglie Flora Pizzichemi. Il processo ha riguardato presunte irregolarità legata ad un giro imponente di operazioni finanziarie, che per l’accusa, hanno generato entità ingenti di crediti.

”Un sistema” economico e finanziario ma che non lo ascoltò nel portare avanti un grande progetto industriale ”provocò il crac della Cirio. E credo che con questa sentenza i giudici lo abbiano riconosciuto”. Sergio Cragnotti, ex patron del gruppo alimentare, commenta così a Radio 24 la sentenza di primo grado, che lo condanna a 9 anni, rispetto ai 15 chiesti dalla Procura.

”Credo che per l’appello abbiamo elementi fondati con cui far riconoscere la nostra volontà di un progetto industriale non andato a buon fine – continua -. All’inizio si parlava di un tesoro nascosto chissà dove nel mondo, invece – commenta ancora Cragnotti – credo che i giudici abbiano riconosciuto che dietro il crac c’è stata una grossa responsabilità di un sistema che non ha portato avanti le pretese di un imprenditore: si voleva portare l’agricoltura italiana nel mondo”.     Cragnotti dice poi che ”si aspettava qualcosa di più dalla sentenza”,  ma spera che ”in secondo grado venga riconosciuta la piena liceità delle nostre operazioni”.

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