ROMA – Il capo della polizia, Antonio Manganelli, si è scusato, esprimendo ”Profondo rammarico” e si è scusato con i familiari per il caso del piccolo Leonardo, di appena 10 anni, prelevato con la forza da scuola a Cittadella (Padova) e assicura ”massimo rigore nell’inchiesta interna avviata”. Il padre del bambino sostiene di aver “salvato il figlio e che ora sta bene”. La mamma Ombretta Giglione dice: “Accetto le scuse ma non è modo questo di prelevare i bambini. Bene le scuse, ma Leonardo è ancora là dentro e non riesco a vederlo. Non so come sta, quanti ematomi ha, abbiamo solo la dichiarazione del padre che dice che sta bene, ma dubito perché lui dice bugie. Io non credo che mio figlio stia bene. Perché non l’hanno fatto visitare dal suo pediatra di base? Non so se il bambino sia stato sedato, è un’ipotesi che non escludo”.
Ore prima, questa mattina, dei poliziotti, forse incapaci o forse impreparati all’imprevisto, si sono presentati a scuola col papà e hanno letteralmente trascinato il bimbo nella volante, sottraendolo alla madre e ai nonni. Trascinato nel vero senso della parola: sollevato dal padre e da un agente per gambe e braccia tra le urla e i pianti. Trafitto due volte: dai familiari e dalla polizia che, in teoria, era lì per portarlo in un “luogo migliore”.
I poliziotti erano arrivati a scuola infatti per rendere esecutivo l’ordine del tribunale che ha deciso di togliere il bimbo alla custodia della madre per affidarlo al padre. I giudici di Venezia avevano infatti valutato e stabilito tre mesi fa che il bimbo dovesse stare con il padre, ovviamente per il suo bene. Ma la vicenda si è trasformata in un dramma familiare sulla pubblica piazza e la prima e forse unica vera vittima è stata il bambino, su cui hanno infierito poliziotti e famiglia.
Alle otto del mattino la polizia si è presentata nella scuola dove il bambino studia. Gli agenti avevano il compito di prelevarlo e di portarlo in una struttura protetta. In realtà doveva essere il padre a portarselo via ma l’uomo ci aveva provato diverse volte, presentandosi a casa della ex moglie, senza risultati perché il piccolo “si nascondeva”. Ecco allora che si è pensato all’intervento della polizia a scuola. Gli agenti sono arrivati con il papà e hanno subito visto la mamma che teneva per un braccio il bambino. La polizia ha riferito che i nonni, anche loro presenti, si sono avventati sugli agenti, per impedire loro di portare via il bambino. Il piccolo ha cominciato a scappare attorno alla scuola e altri agenti lo hanno rincorso. Lo hanno preso e lo hanno portato via di peso. Vicino, una zia aveva una videocamera con la quale ha ripreso tutta la scena e ha mandato il video a “Chi l’ha visto?”.
A trascinare quel bambino, si legge in una nota della Questura di Padova, erano il padre e un agente cui l’uomo aveva chiesto “aiuto per prenderlo, visto che si divincolava, e farlo salire in auto”. La cosa assurda è che tutto ciò sia accaduto “per il bene del bambino”, perché un giudice ha deciso che “il suo bene” fosse stare con il padre, anche se lui evidentemente non voleva, visto che alla vista di chiunque lo volesse portare via dalla mamma e dai nonni ha reagito scappando, urlando, piangendo.
Il padre però sostiene che il bambino sta bene e che lui lo ha “salvato”: ”Ho salvato mio figlio e ora sta bene, è sereno – ha detto – L’importante è questo. Ho pranzato, giocato alla playstation e poi cenato con lui e l’ho messo a letto. Era anni che non lo facevo ed è stata una bella emozione”.
Poi ha spiegato che il figlio è ”inserito provvisoriamente in una comunità adatta al suo recupero, prima di essere affidato a me”. Ha sottolineato poi che la corte d’appello di Venezia ”ha emesso un provvedimento grave che ha portato alla decisione di far decadere la patria potestà della madre e il motivo di ciò è consistito nell’aver attuato un’ostruzionismo strenuo che ha impedito la frequentazione tra me e io mio figlio. Per cui, di fatto il bambino non l’ho più visto. Anche perché il comportamento della madre e dei suoi familiari ha cagionato al bambino una psicopatologia secondo la quale mio figlio è esposto ad un rischio altissimo di patire dei disturbi mentali nel corso dell’evoluzione”.
Il padre, evidentemente provato, ha raccontato che prima di arrivare a questa ”sofferta decisione” ci sono stati altri quattro provvedimenti giudiziari e le decisioni prese sono state ”ponderate e approfondite ed avanzate tutte le possibilità per convincere la madre del piccolo a cambiare atteggiamento, di seguire dei percorsi meno incisivi di quello finale ma sono andati sempre falliti”. ”Il bambino – ha ribadito – necessita di un sostegno di psicoterapeuti qualificati e finora non è stato possibile”.
Il padre ha evidenziato che suo figlio ha un ”condizionamento che lo porta ad avere comportamenti che non sono autentici. Non bisogna fermarsi al dato formale e apparente del bambino che fa resistenza, come si è visto ieri a scuola, perché il bambino quando si comporta così è vittima del condizionamento”.
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