Claudia Agostini, pm vuole archiviare il giallo di Trastevere: “Leonardo Bellatti? Non ci sono indizi sufficienti”

di Edoardo Greco
Pubblicato il 29 Agosto 2016 - 11:41 OLTRE 6 MESI FA
Claudia Agostini, pm vuole archiviare il giallo di Trastevere: "Leonardo Bellatti? Non ci sono indizi sufficienti"

Claudia Agostini, trovata morta in via della Lungara il 13 ottobre 2003

ROMA – Claudia Agostini, il pm vuole archiviare il caso: il giallo di Trastevere rimane senza un colpevole. Leonardo Bellatti, l’unico sospettato, può tirare un sospiro di sollievo. La morte della trentasettenne professoressa di inglese rimarrà probabilmente un cold case, uno di quei misteri destinati a non essere risolti.

Sono passati 13 anni da quel 13 ottobre 2003, quando all’alba, in via della Lungara (Trastevere, Roma, vicino al famoso carcere di Regina Coeli), viene ritrovato il cadavere di Claudia Agostini. Si trova in mezzo a due macchine, sul marciapiede opposto rispetto alla casa dove la donna viveva con Leonardo Bellatti, anche lui insegnante di inglese, quarantenne all’epoca dei fatti.

Il caso verrà inizialmente archiviato come morte accidentale (Agostini sarebbe stata investita da un pirata della strada) poi come suicidio. La posizione del cadavere però è incompatibile con l’ipotesi dell’incidente ed è perlomeno inconsueta per un suicidio.

Claudia Agostini viene ritrovata infatti con le mani giunte sul petto e la faccia rivolta verso il cielo: era in posizione supina, quasi impossibile per una persona che si è buttata da un terrazzo. In più era in mezzo a due macchine senza averne danneggiata una. Ha scritto Katiuscia Marini su “Cronaca & Dossier”:

La trovano sui sanpietrini, sotto il muraglione, con la testa verso il muro di cinta, le mani giunte sul ventre e il volto rivolto al cielo. Indossa una tuta bianca e le scarpe da ginnastica. Sta tra due auto in sosta ed è ancora tiepida. Il fidanzato di Claudia Agostini, Leonardo Bellatti, con il quale la donna convive, si sveglia prima che il cadavere venga ritrovato, si accorge che Claudia Agostini non è nel letto, ma non si preoccupa perché pensa che sia uscita per comprare il latte per colazione o per fumarsi una sigaretta. Scopre cosa è successo solo a causa del trambusto sotto le sue finestre, intorno alle 7:45.

Nonostante l’intervento del 118 per cercare di rianimare la vittima, per Claudia non c’è più nulla da fare. Gli inquirenti giunti sul posto iniziano a cercare indizi e prove per ricomporre il rebus della morte della donna. Sulla balaustra del terrazzo del palazzo abitato dai due giovani, viene ritrovato un pacchetto di Camel e un accendino che il compagno di Claudia Agostini riconosce. «Claudia si può essere buttata, o magari si è sentita male ed è caduta», dice il fidanzato ai poliziotti. Ma per fare un’ipotesi, il magistrato deve attendere i risultati dell’autopsia la quale accerta che Claudia Agostini non si è suicidata ma è morta probabilmente a causa di un pirata della strada.

Nonostante l’ipotesi non stia in piedi, perché sulla strada non ci sono segni di frenata né frammenti, la magistratura nel 2004 chiede l’archiviazione del caso. Da qui inizia una lunga battaglia tra gli errori degli inquirenti e la determinazione del papà di Claudia, Athos Agostini, che cerca a tutti i costi la verità con l’unico scopo di avere giustizia per sua figlia. Nel 2005 Athos Agostini ottiene l’esumazione del corpo di sua figlia e affida la consulenza medico-legale al prof. Giancarlo Umani Ronchi. Il Professore effettua una nuova autopsia con la quale rileva non solo che l’osso ioide di Claudia Agostini (osso la cui frattura indica sempre strozzamento o strangolamento) è fratturato, ma anche che la giovane riporta un trauma alla testa, vertebre fratturate e alcune lacerazioni al fegato dalle quali aveva perso molto sangue.

A questo punto il Pm torna a sostenere l’ipotesi suicidiaria. Ma anche stavolta ci sono forti incongruenze che escludono tale ipotesi. Innanzitutto il luogo del ritrovamento del cadavere e la postura dello stesso: secondo quale misteriosa legge di gravità sarebbe dovuta atterrare a quattro metri e mezzo di distanza dal terrazzo, sotto il muraglione e con il viso rivolto al cielo? Un altro elemento importante è il ritrovamento degli occhiali da vista della donna, affetta da una forte miopia, nello zainetto. Come fa una donna miope ad effettuare qualsiasi spostamento o azione senza gli occhiali?

Scrive nel 2014 Giulio De Santis sul Corriere Roma:

Però, buttarsi da un palazzo di 19 metri e atterrare supini sul lato opposto della strada in uno spazio stretto tra due macchine senza danneggiarne nessuna e con le mani congiunte sembra «impossibile», come già scriveva nel 2007 il gip Roberto Laviola respingendo l’ipotesi del suicidio.

Scartata la tesi del gesto volontario, i nuovi accertamenti prendono spunto da alcune di contraddizioni emerse dall’interrogatorio dell’indagato, che non andava più d’accordo con la Agostini. Primo: appare anomalo che la tuta indossata dalla donna al momento del ritrovamento non sia sporca di sangue sulla spalla destra, dove è stata rinvenuta una ferita precedente alla morte. Eppure l’indagato ha sostenuto che quella notte indossava proprio quegli indumenti.

Allora sorge una domanda:la quarantunenne è stata uccisa mentre era nuda e poi vestita in un momento successivo? Ancora: gli occhiali di lei sono stati trovati nella zainetto. Anche questa appare un’anomalia: la donna è sempre stata miope e non avrebbe potuto salire fino all’ultimo piano senza gli occhiali. Il criminologo Carmelo Lavorino e l’avvocato della famiglia di Claudia, il legale Luigi Vincenzo, suggeriscono altre verifiche su strade mai battute in precedenza.

La Agostini potrebbe essere stata gettata in strada da via Orti D’Alibert su cui si affaccia una parte del palazzo dove viveva la coppia e che incrocia via della Lungara.
Il suggerimento è accolto dal gip: il vicolo è buio e avrebbe permesso all’assassino di preparare il cadavere della donna con pazienza senza essere disturbato dai passanti. Dalle indagini della parte civile emerge un altro dettaglio legato a via Orti D’Alibert: ci vive una donna che ha sostenuto di aver visto su via della Lungara il cadavere alle cinque e mezzo del mattino nel modo in cui è stato trovato. La teste è nata a Firenze dove ha i suoi natali anche Bellatti: i due si conoscevano e lei l’ha aiutato, come sospettano il criminologo Lavorino e l’avvocato Vincenzo?

Ma, come riporta Adelaide Pierucci sul Messaggero, il pubblico ministero Nicola Maiorano è arrivato alla conclusione che «Rimangono sospetti a carico di Bellatti – ha concluso il pm Nicola Maiorano – che tuttavia non assurgono a dignità di elementi indizianti sufficienti per esercitare l’azione penale con prospettiva fausta»

Il caso quindi ora va chiuso. Il magistrato, sempre per carenza di indizi sull’unico sospettato, aveva già chiesto nel 2013 l’archiviazione del caso, stoppata dal gip, che invece aveva sollecitato un nuovo (il terzo) parere medico legale. Le conclusioni del perito, il professor Paolo Procaccianti, direttore dell’istituto di medicina legale del Policlinico di Palermo, consegnate a piazzale Clodio nelle scorse settimane, però sono servite solo ad accertare che la donna è morta cadendo dal terrazzo di casa.

Ma non a dare la risposta cruciale: si trattò di una caduta accidentale, di un suicidio o la professoressa d’inglese fu spinta? «Il medico legale – ha sottolineato il pm nel restituire il fascicolo al gip – ha escluso che la causa della morte di Claudia Agostini, sia riconducibile ad un sinistro stradale. Gli argomenti dispiegati dal prof Proccianti costituiscono una pietra tombale per quella avventata ipotesi che ha condizionato pesantemente le indagini».

Ma il giallo resta. […] Per Leonardo Bellatti, assistito dall’avvocato Carlo Arnulfo, la nuova richiesta di chiusura del caso, anticipa la fine di un incubo. Bellatti ha sempre sostenuto di aver saputo della morte della compagna quando è scattato l’allarme. «La credevo a letto accanto a me. Per me è stato un inspiegabile suicidio», si è giustificato nell’unico interrogatorio. Per il padre di Claudia Agostini, ormai scomparso anche lui, la figlia era stata uccisa nel palazzo e poi trascinata fuori tra le macchine.

Gli anatomopatologi Carella Prada e Amoroso, incaricati dalla procura dopo la denuncia iniziale, avevano puntato sulla precipitazione dal terrazzo. «Tesi – come aveva già scritto il pm Maiorano – che suscita alcune perplessità visto che il cadavere è stato trovato supino e con le braccia conserte e in posizione incompatibile con la precipitazione». Tredici anni di indagini per ora hanno portato a una sola certezza: la sera prima la prof aveva avuto una lite col convivente. Anche se in quei giorni parlavano di matrimonio.