Claudio Giardiello: “Speravo scoprissero la pistola”. L’ultimo improbabile alibi

Claudio Giardiello: "Speravo scoprissero la pistola". L'ultimo improbabile alibi
Claudio Giardiello: “Speravo scoprissero la pistola”. L’ultimo improbabile alibi

MILANO – Per un attimo, un attimo prima della mattanza, ha sperato che lo scoprissero con quella pistola in tasca. Claudio Giardiello con gli investigatori, subito dopo l’arresto, cerca un esile e improbabile alibi: “Speravo scoprissero la pistola”, quasi a voler dar prova di un tardivo, quanto inascoltato, ripensamento.

Poi ha aggiunto: “Quando ho superato il varco ho pensato: se mi fanno passare con la pistola, lo faccio…”. Una volta in tribunale è stata una strage, premeditata e portata a compimento con freddezza. La “speranza” di essere scoperto non alleggerisce, evidentemente, il peso di quello che Giardiello ha fatto.

Dopo l’arresto in un centro commerciale di Vimercate, in Brianza, l’ex imprenditore fallito viene portato in caserma. Qui fornisce una prima confessione e dà prova di stati d’animo altalenanti. Prima, rabbioso, se la prende con i magistrati: “Li odio, mi hanno rovinato la vita”, respinge l’avvocato d’ufficio: “Vada via, non la voglio qui”, poi cambia atteggiamento: “Meno male che mi avete fermato, stavo andando ad uccidere un altro coimputato nella vicenda che non era in tribunale”.

E poi quell’ultimo, improbabile, alibi: “Speravo mi scoprissero”. Ma lui non a caso era entrato dall’ingresso riservato agli avvocati, quello dove i controlli sono molto meno stringenti. Non si è nemmeno premurato di fare un tesserino falso, come pure si era scritto nell’immediatezza della strage, è semplicemente passato dai controlli, con la pistola in tasca, una mattanza in testa, e quel pensiero: “Se mi fanno passare…”.

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