ROMA – Nuovo arresto per Claudio Scajola, accusato di aver favorito la latitanza dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena. Per il quattro volte ministro, due volte sindaco, le porte del carcere si erano aperte già nel 1983. Da sindaco di Imperia, passò oltre due mesi a San Vittore con l’accusa di tentata concussione aggravata nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti del Casino di Sanremo. Diede le dimissioni e, prosciolto dalle accuse, tornò primo cittadino della sua città. A Imperia Scajola, 65 anni ha radici profonde: è figlio di Ferdinando Scajola, fondatore della Democrazia Cristiana locale e segretario provinciale dello stesso partito in città, di cui anche lui era stato sindaco, anche lui costretto a dimettersi per uno scandalo nella sanità.
Seguendone le orme, Claudio entra giovanissimo in politica, entrando a 20 anni nella direzione nazionale della Dc, a 27 presidente di un ospedale, a 33 sindaco di Imperia, allora il più giovane d’Italia in un capoluogo di provincia. L’apice della carriera lo raggiunge nel 2001, quando Silvio Berlusconi lo chiama alla guida del ministero dell’Interno. Ma c’è subito una grana all’orizzonte: il tragico G8 di Genova nel luglio di quell’anno, con l’uccisione di Carlo Giuliani, la città messa a ferro e fuoco e le violenze delle forze dell’ ordine contro i manifestanti. Il ministro dell’Interno, che ha il compito di gestire la sicurezza dell’evento, finisce naturalmente nel mirino.
L’opposizione ne chiede le dimissioni, il premier e la maggioranza ‘lo blindano’. Qualche mese dopo è ancora polemica sul G8 quando Scajola, soprannominato ‘sciaboletta’ , ricorda di aver autorizzato a sparare contro i manifestanti nel caso questi avessero violato la zona rossa del vertice. Si arriva così al 2002. Il 19 marzo un commando delle nuove Br uccide Marco Biagi, consulente del ministero del Lavoro. Seguono mesi di polemiche per la mancata protezione al professore, che più volte aveva chiesto di misure di tutela perché si sentiva minacciato. Il fatto che segna la fine della permanenza di Scajola al Viminale avviene il 29 giugno. Il ministro è in visita istituzionale a Cipro. Con lui alcuni giornalisti. Scajola si lascia andare ad alcune esternazioni sul giuslavorista ucciso.
”Biagi era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza”: è la frase-bomba del ministro, riportata il giorno dopo dal Corriere della Sera e dal Sole 24 ore, che fa scatenare l’uragano. L’opposizione insorge ed invoca le dimissioni, lo scontro politico si arroventa e il 4 luglio il ministro rassegna le dimissioni. Successivamente, dopo un anno di ‘purgatorio’, viene nuovamente nominato ministro nel 2003, ma all’Attuazione del programma; nel 2005, nuovo governo Berlusconi, va alle Attività produttive.
Nel 2006, col governo Prodi, Scajola è presidente del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato. Lo sarà fino al 2008 quando con il nuovo governo Berlusconi torna a fare il ministro, questa volta per lo sviluppo economico, incarico che conserverà fino al 2010. Anni relativamente tranquilli, se si escludono le polemiche relative ad un presunto volo ‘ad personam’ Roma-Albenga (città vicina ad Imperia) ripristinato dall’ Alitalia con uno stanziamento di un milione di euro dal ministero. Poi scoppia lo scandalo Anemone e la questione della casa al Colosseo pagata da ‘ignoti’ portano Scajola alle dimissioni nel 2010 per ”potersi difendere dalle accuse”.
E’ la seconda volta. Il 27 gennaio scorso è stato assolto in primo grado perchè “il fatto non costituisce reato”. La Procura di Roma ha presentato appello. Il nome di Claudio Scajola entra, con titoli diversi e senza che mai un giudice ne accertasse un coinvolgimento reale, in molta parte della cronaca giudiziaria. Dai fondi stanziati per l’aeroporto di Albenga agli appalti del G8 fino allo scandalo legato per la realizzazione del porto turistico di Imperia, da cui è uscito con una archiviazione. Nonostante tutto, l’ex ministro si era detto pronto a correre per le prossime elezioni europee. Ipotesi scartata – ha spiegato questa mattina Berlusconi – non perchè si avesse sentore di un arresto ma perchè “avevamo commissionato un sondaggio su di lui che ci diceva che avremmo perso globalmente voti se lo avessimo candidato”.