Cofferati: “Adinolfi gambizzato? Indagini ‘blande’ rafforzano il Fai”

ROMA – ”Sono dieci anni che arrivano queste rivendicazioni del Fai, l’impressione e’ che si sia perso tempo”. Lo afferma in una intervista al Corriere della Sera Sergio Cofferati, che nel 2005, da sindaco di Bologna, ricevette un pacco-bomba rivendicato dallo stesso gruppo.

”Il fatto che non si sia mai trovato un bandolo della matassa – dice – e’ davvero preoccupante”. Il fatto che ”siano passati anni tra un’azione e l’altra puo’ avere indotto gli inquirenti a considerare il Fai come un fenomeno poco preoccupante” con ”conseguenze nefaste. Sono convinto che proprio questa certezza di non essere mai individuati abbia rafforzato nelle persone che si nascondono dietro la sigla Fai la convinzione di avere ampio margine per altre iniziative”.

E se ”la spedizione di un plico esplosivo non necessita certo di una grande struttura” invece ”pedinare, studiare il luogo dove abita e infine ferire una persona” come accaduto all’ad della Ansaldo nucleare Roberto Adinolfi ”e’ una faccenda che presuppone l’esistenza di una organizzazione, seppur minima”.

”Sono rimasto colpito – aggiunge l’ex segretario della Cgil – da un paio di passaggi della rivendicazione. Quello dove sembrano parlare ai movimenti e quello in cui mostrano l’intenzione di avvicinarsi ai luoghi della produzione. Alle fabbriche insomma”. E queste due pratiche ”non sono molto anarchiche almeno non nel senso classico della definizione.

Ma e’ vero che queste categorie sono vecchie, non hanno piu’ senso e bisogna guardare a certi fenomeni con occhi nuovi”. Di certo, ”guai a sottovalutare” perche’ comunque ”la strategia del Fai” sembra quella di ”creare preoccupazione e tensione” e ”in questa prima fase ci sono riusciti senza alcun dubbio”.

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