Concepiscono figlia in provetta ma il padre la disconosce

Ha concepito con la moglie una figlia in provetta, visto che a 76 anni soffriva di una “sopravvenuta azospermia”, ma a 4 anni dalla nascita della piccola ha deciso di disconoscerla. Il motivo? Era stata concepita grazie a una inseminazione eterologa e, quindi, non era geneticamente sua. Il bizzarro caso è stato discusso davanti al tribunale di Roma, che ha rigettato la richiesta di disconoscimento di paternità perchè, sostiene il giudice, l’uomo era consenziente al momento dell’inseminazione artificiale.

Il fatto. F.F., romano di 80 anni, medico chirurgo, nel 2006 ha promosso davanti al Tribunale di Roma una azione di disconoscimento di paternità della figlia concepita “in provetta” a seguito di inseminazione eterologa della moglie avvenuta nel 2002. Il “presunto” padre sostiene di essere stato ingannato dalla consorte, P.S., 40 anni, anche lei medico, colpevole di avere praticato inseminazione eterologa anziché quella omologa.

Il Tribunale di Roma, prima sezione civile, prendendo atto della certificazione medica che documentava la “azospermia sopravvenuta” del marito e che, quindi, dimostrava indirettamente la necessaria natura eterologa dell’inseminazione della moglie, ha rigettato la richiesta di disconoscimento di paternità.

La storia però non finisce qui: qualche giorno fa, G.F., 40 anni, figlio di prime nozze dell’uomo, viene a sapere dell’esito negativo della causa civile promossa dal padre nei confronti della moglie e della figlia, sua sorellastra. Decide così, spiegano in una nota i suoi avvocati, Anna Orecchioni e Giacinto Canzona, di proporre, per intuibili aspettative ereditarie, opposizione tardiva di terzo contro la sentenza del Tribunale di Roma, sostenendo che l’inseminazione eterologa della donna, tipo di inseminazione tra l’altro vietata in Italia, costituisce un vero e proprio atto di “tradimento” morale, anche se non sessuale, della moglie nei confronti del marito, idoneo ad ottenere il disconoscimento della minore concepita in “provetta” .

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