ROMA – Concorso scuola, annunciati i primi ricorsi. L’Anief, associazione che tutela docenti e ricercatori precari, ha annunciato che si rivolgerà al Tar del Lazio. Il 17 dicembre si è svolta al Miur la prima delle prove preselettive per far accedere al concorso a cattedra per selezionare 11.542 docenti da assegnare a tutti i livelli scolastici. Ha superato la prova solo un partecipante ogni tre.
Ma molti candidati si sono lamentati perché molti dei 50 quesiti a cui hanno dovuto rispondere erano troppo generici, cervellotici e non certo indicati a selezionare dei futuri insegnanti.
Secondo l’ufficio studi dell’Anief c’è stata una selezione iniziale impropria: il criterio adottato dal Ministero dell’Istruzione è stato, dicono quelli dell’associazione, quello di sfoltire il più possibile il futuro lavoro delle commissioni insediate dagli Usr per valutare la preparazione e le capacità degli oltre 320 mila aspiranti docenti. Ponendo loro, insiste l’Anief, dei quesiti più adatti agli appassionati di cruciverba che a dei futuri professionisti dell’insegnamento.
Ma anche scegliendo di collocare la soglia minima per passare alle prove selettive a 35/50: una soglia che va ben oltre, in proporzione, ai 6/10 previsti dal Decreto Legislativo 297/94 che costituisce, sino a prova contraria, il principale riferimento normativo per selezionare i docenti nella scuola pubblica.
“L’Anief ha deciso di farsi portavoce di queste contraddizioni – spiega Marcello Pacifico, presidente del sindacato –, in particolare del fatto che il Miur avrebbe dovuto ridurre la soglia minima di accesso a 30/50. Tutti coloro che hanno dunque conseguito tra 30 e 34 punti non si rassegnino, perché tramite la nostra assistenza potranno rivolgersi al Tribunale amministrativo regionale e chiedere il rispetto delle norme vigenti. L’obiettivo, ovviamente, è quello di accedere direttamente alle prove disciplinari scritte, il cui calendario verrà pubblicato il prossimo 15 gennaio”.
“Il Miur si dovrà ricredere: alzare troppo l’asticella del punteggio minimo non è stata una scelta saggia. Il Ministero ha in questo modo inibito il diritto dei candidati a farsi valutare in modo equo il loro merito, sottoforma di conoscenze e competenze acquisite, utile per accedere alle prove successive”, ha concluso il presidente dell’Anief.
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