ROMA – Congiunti, governo dimmi chi sono! C’è qualcosa di non sano in questa intimazione, perentoria e insieme lamentosa, alle autorità.
Il non sano è il neanche tanto sottinteso messaggio: governo prenditi tu la responsabilità, io la responsabilità non me la prendo di certo.
Ciascuno di noi sa con estrema precisione chi sono i suoi congiunti. Non c’è alcun bisogno di farseli indicare per iscritto da ordinanza governativa.
Quel che si vuole non è l’elenco ufficiale dei congiunti ma lo scarico di responsabilità.
Sta, starebbe al singolo cittadino assumersi la responsabilità di chi andare a trovare e come calibrare la visita in tempi di epidemia.
Sta, starebbe alla responsabilità di ciascuno di noi non trasformare una visita per guardarsi in faccia dopo quasi due mesi in una festa-rimpatriata casalinga. Non ce lo devono scrivere in ordinanza. Ma chiediamo, con petulanza, che ce lo scrivano.
Chiediamo sia scritto fidanzato/a per poi ironizzare sprezzanti quando hanno scritto, su nostra petulante sollecitazione, “affetto stabile”.
Chiediamo sia scritto preciso quanti umani costituiscono festa e non visita. Come non lo sapessimo. E allora la petulanza diventa sospetta. Sospetta in un paese dove i molti che da settimane si scambiano su smartphone app per evitare controlli quando viaggiano in auto fuori città sono più che tollerati. Ma si insorge di fronte ad una app che registri e segnali i contagiati.
I sindaci chiedono istruzioni precise su cosa fare su bus e metro. Le aziende di trasporto pubblico li chiedono ai sindaci. I sindacati lo chiedono alle aziende. Tutti chiedono a quello che sta un gradino sopra nella gerarchia o anche solo a fianco nella fila di assumersi la responsabilità di dire, emanare, protocollare. Fare, quello non sia mai se prima qualcun altro non si è assunto la responsabilità.
Congiunti, chi è il congiunto? Una pantomima incomprensibile se non con la chiave della fuga, dell’incapacità anche solo di concepire la responsabilità individuale, il suo peso, fatica e privilegio.
E’ la responsabilità individuale, se c’è, che ti può dire come e quanto andare a trovare il parente anziano e magari fragile. La responsabilità individuale, non il Vigile Urbano o la fantasmagorica patente di immunità. E’ la responsabilità individuale che ti dice di andarci con mascherina, distanza e niente abbracci. La responsabilità, non il governo.
E’ la responsabilità individuale, se c’è, che ti dice che devi fare in bus o metro. La responsabilità, non il conducente o il vigilante.
E’ la responsabilità individuale, se c’è, che ti dice come attrezzare il negozio e quante persone puoi fare entrare e servire. La responsabilità, non la delibera o il protocollo.
C’è nel Decreto, chiamiamolo 4 maggio, una disposizione: chi ha febbre sopra i 37,5 deve stare a casa. E’, se c’è, la responsabilità individuale che ti fa stare a casa se hai la febbre. Non è, non potrà mai essere e non deve essere il Carabiniere a misurarti la febbre.
“Fondamentale sarà il comportamento responsabile di ciascuno di noi”, così Conte capo del governo, così ogni medico. La responsabilità individuale di ciascuno di noi…se questo è il pilastro della nostra causa collettiva, ci appelliamo alla clemenza di coronavirus.