Coronavirus colpisce in famiglia, contagiati più giovani (55 anni) e sintomi meno gravi Coronavirus colpisce in famiglia, contagiati più giovani (55 anni) e sintomi meno gravi

Coronavirus ora colpisce in famiglia, contagiati più giovani (55 anni) e sintomi meno gravi

ROMA – Malati più giovani, con sintomi più leggeri, l’età media si è abbassata a 55 anni, il contagio avviene preferibilmente in ambito familiare.

Questo lo stato dell’arte su diffusione e trasmissione del coronavirus al momento: c’entra il numero più elevato di tamponi eseguiti che aumentando la platea dei monitorati abbassa il numero di infetti.

Ci si contagia in famiglia. E si fanno più tamponi

“Qui a Milano i contagi arrivano da casa: si sono ammalati prima della chiusura o, in casa loro, durante la chiusura.

Le nuove diagnosi sono semplicemente persone che finalmente sono riuscite a farsi un tampone.

Per molti ha richiesto parecchio tempo. Non è finita la malattia, abbiamo finito la prima ondata”, dice il professor Galli dal Sacco.

In terapia intensiva non ci finisce più quasi nessuno nemmeno in Lombardia, i rari casi sono postumi di infezioni più vecchie. 

Ma di qui a dire che il virus stia sparendo o sia più buono ce ne corre. 

Ci sono sempre meno particelle di virus nei tamponi e una delle spiegazioni più probabili potrebbe essere nell’uso più diffuso delle mascherine.

“Dopo l’utilizzo di massa delle mascherine è evidente che i contagi avvengano con dosi infettive più basse rispetto a gennaio e febbraio, quando l’uso di queste protezioni non era molto diffuso”, ha osservato il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca e direttore del laboratorio Cerba di Milano.

Nessuna evidenza che il virus sia più buono

“La gravità della malattia dipende dalla dose infettiva: se c’è meno carica virale, la sintomatologia più bassa”, ha osservato l’esperto.

Su questo tema non ci sono ancora dati ufficiali, anche se “l’evidenza clinica indica che ci sono meno casi gravi e meno casi urgenti, meno ricoveri nei pronto soccorso e meno nelle unità di terapia intensiva, ma su questa base non si può dire che il virus non c’è più, né che si è attenuato o adattato all’uomo.

Non c’è infatti un solo lavoro scientifico che dica che virus si sia modificato e che abbia subito una mutazione che ne giustifichi un’attenuazione”. (fonti Corriere della Sera, Ansa)

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