ROMA – Coronavirus, attività motoria: queste le due parole che usa il Ministero della Sanità, queste e non altre le due parole che sono nel testo della ordinanza emessa dal governo e da oggi in vigore, cioè obbligatoria, in tutta Italia.
Attività motoria praticata da soli (altrimenti la distanza di uno, due metri tra una persona e l’altra va a farsi benedire) e nei pressi della propria abitazione (cioè senza raggiungere giardini, luoghi verdi, piste ciclabili e senza trasformarla in un passeggiare da una piazza all’altra, men che mai da un quartiere all’altro).
Attività motoria in solitudine e nei pressi della proprio abitazione, questo l’ordinanza consente, il resto lo vieta.
Attività motoria c’è scritto nel testo, la totalità dell’informazione, di sua iniziativa, ha tradotto sport all’aperto. Traduzione sbagliata e ingannevole. Traduzione che confonde. Una confusione che stavolta non va accollata al governo e alla sua comunicazione ma alla pigrizia routiniera della catena della titolazione (quotidiani, televisioni, radio, siti web). Attività motoria non è sport all’aperto.
Attività motoria è due passi sotto casa, è muovere e muoversi sotto casa. Non è mettersi a correre facendo il giro dell’isolato. Attività motoria e non sport perché l’obiettivo dell’ordinanza (e di combatte l’epidemia) non è di limitare lo spazio o il circuito in cui si corre, è togliere, escludere, vietare un motivo, una attività e una scusa per uscire da casa. Quelle appunto che vanno sotto la dizione sport all’aperto.
Da stamane è in vigore una ordinanza che vuole toglierci un alibi per eludere il restare a casa: proprio la corsa, la corsetta, il farsi runner. L’ordinanza dice attività motoria e non sport, l’ordinanza e il suo senso sono, dovrebbero essere, un chiaro e netto: fatela finita di andare a correre fuori casa.
Dire sport all’aperto consentito sotto casa è indurre confusione, confusione nociva. A meno che non sia ancora peggio e cioè uno scivolo per barare, barare con noi stessi e far finta ci sia nell’ordinanza un diritto a correre per strada che non c’è.
Barando non poco in questa partita, barando con noi stessi, accade che a Milano la stretta ai movimenti, lo state a casa non è bastato: Milano è assediata dal contagio e coronavirus sta conquistando posizioni. Coronavirus che ha contagiato in misura inaspettata e massiccia le aree di Bergamo e Brescia. Forse anche perché, rispettivamente, 84 mila e 107 mila aziende operano nelle due aree, il 73 per cento di queste aziende (dati Associazione Industriali) lavora, a tutto ieri lavorava nel cuore dell’epidemia. Mezzo milioni di lavoratori che fanno su e giù quotidianamente nel percorso casa-lavoro.
Barando un po’ con noi stessi abbiamo aiutato coronavirus, oggi i contagi raggiungeranno o forse addirittura supereranno i 50 mila casi dall’inizio dell’epidemia, ieri la cifra mostruosa di 627 morti, l’Italia che si avvia a raggiungere e forse superare la cifra dei contagiati registrata in Cina. E’ coronavirus che ci aggredisce ma, barando con noi stessi (su e giù con la casa la mare, oppure in treno per tornare in famiglia al Sud anche avendo la febbre, o inventandosi runner per uscire di casa o andando al supermercato o in farmacia ogni santo e maledetto giorno e talvolta più di una volta al giorno) a coronavirus ha dato una mano.
Dopodomani arriva il tempo brutto e il freddo. Meno male, meno gente in giro. Quella gente che quattromila e passa morti non sono riusciti a convincere a non barare con se stessi, con la propria salute, quella del prossimo, barare con la vita e la morte.