Coronavirus, guarito abbraccia per la prima volta il figlio appena nato. “Mi dicevano, devi farcela per lui”

MILANO – Quasi un mese ricoverato in ospedale, mentre fuori nasceva il suo bambino. E’ la commovente storia di Carlo, siciliano di 39 anni e da 7 milanese di adozione, che dopo essere guarito dal coronavirus ha potuto abbracciare per la prima volta il figlio appena nato. 

L’uomo, che a inizio aprile è diventato papà per la seconda volta, era ricoverato al Niguarda di Milano.

La febbre, a inizio marzo, lo ha colpito con sintomi gastrointestinali ed è stato curato inizialmente con antibiotici, ma le sue condizioni sono peggiorate giorno dopo giorno. Dopo dieci giorni dall’inizio dei sintomi, anche il respiro si è fatto sempre più corto ed è arrivato il momento di chiamare i numeri dell’emergenza.

“Non nascondo che nell’attesa di avere una risposta ho salutato la mia compagna – racconta – ho messo la mano sul suo pancione e ho detto: Ciao piccolo, mi dispiace se non ci sarà modo di conoscerci, in quel momento è quello che ho pensato mentre mi rimettevo a letto stremato”.

Poi il ricovero urgente al Niguarda che ha reso nota la sua storia a lieto fine. “I trattamenti con i farmaci antivirali non sono stati una passeggiata e hanno portato con sé diversi effetti debilitanti però per fortuna hanno dato il risultato sperato”, spiega Carlo.

Il miglioramento dopo cinque giorni, gli ha permesso “di uscire da quel reparto in cui la doppia porta di isolamento e gli operatori vestiti in stile Chernobyl trasmettono un senso di preoccupazione nonostante i modi rassicuranti e le attenzioni del personale. Inevitabilmente, chiuso da solo in una stanza così ti viene da chiederti, ma cosa sta succedendo, sto per morire?”, ricorda.

Lo hanno trasferito in una delle unità riconvertite in reparto Covid. Nel reparto a bassa intensità Carlo ha trascorso i 14 giorni finali del ricovero, mentre la nascita del piccolo si avvicinava sempre di più. All’inizio di aprile Emanuele è nato in un altro grande ospedale di Milano a pochi chilometri dal Niguarda.

“La mia compagna era là ed io qui, separati ed uniti solo dal telefono – prosegue – E’ andato tutto bene e finalmente dopo un mese di distacco ho potuto rivedere la mia compagna”.

“Mio figlio invece l’ho potuto tenere in braccio dopo una settimana dalla sua nascita. Ho voluto mandare la foto anche al personale di Niguarda, mi dicevano devi farcela anche per lui. Per fortuna ce l’ho fatta”. (Fonte: Ansa, Ospedaleniguarda.it).

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