ROMA – Nella fase più dura dell’emergenza coronavirus, tra il 24 febbraio, ossia pochi giorni dopo il caso Codogno, e il 10 marzo, una delle case di riposo al centro delle indagini milanesi, il Palazzolo-Don Gnocchi ha dovuto fare a meno di quasi 64mila mascherine che aveva ordinato, ma che non ha ricevuto.
Emerge da una tabella depositata dalla difesa nell’inchiesta e nella quale vengono indicati tutti gli ordini ai fornitori rimasti “inevasi” in quel periodo.
I pochi dispositivi “reperibili sul mercato”, infatti, scrive l’avvocato Stefano Toniolo in una memoria, “erano stati (comprensibilmente) raccolti dalla Protezione civile italiana e convogliati alla strutture sanitarie impegnate” nella lotta a Covid.
Una situazione che ha “finito col generare una penuria di mascherine per tutte le Rsa”.
Tanto che, ad esempio, il 7 marzo il capo della Protezione civile Angelo Borrelli rispondeva così ad un commissario che, per conto delle case di riposo, aveva segnalato il grave problema: “Stiamo facendo di tutto, come il collega Cajazzo (dg Welfare, ndr) di Regione Lombardia, per acquistare le mascherine”.
Un tema, quello della penuria di mascherine per le Rsa, che era già emerso da alcuni documenti del Pio Albergo Trivulzio.
Sul mercato, infatti, spiega ancora l’avvocato Toniolo nella memoria, “si registrava una totale carenza di tale tipo di dispositivi, mentre nel frattempo le scorte andavano rapidamente ad esaurirsi”.
Lo stesso accadeva per i tamponi: “Ci sono numerose realtà – scriveva il commissario per conto delle Rsa al dg Welfare lombardo – che hanno pazienti positivi o in attesa di tamponi che hanno quasi terminato le scorte e non hanno ricevuto nulla”.
E ancora in un’altra lettera: “Diversi medici e operatori sanitari (…) si sono ammalati e si stanno ammalando per la scarsità di Dpi”.
Altra questione centrale, già venuta a galla, è quella delle linee guida e indicazioni sull’uso delle mascherine. E su questo punto le Rsa sostengono di aver sempre rispettato le disposizioni regionali, nazionali, internazionali che, tra l’altro, parlavano di “uso razionale delle mascherine”, data la carenza.
Almeno fino a metà marzo, fu indicato alle strutture di usarle solo con pazienti Covid o con casi sospetti.
Non c’era, quindi, “alcun obbligo generalizzato” di utilizzo per tutti gli operatori nelle normative.
Dopo l’8 marzo, poi, a seguito della nota delibera regionale diverse case di riposo iniziarono ad accogliere pazienti Covid rispondendo, come spiega il legale del Don Gnocchi, ad “una vera e propria ‘chiamata alle armi’ della Regione”.
Nella memoria, infine, l’istituto chiarisce che in una situazione così di emergenza straordinaria, “che ha colto di sorpresa l’intero mondo occidentale”, è stato nei fatti “impossibile” impedire al virus di entrare.
E punto per punto il legale ribatte anche all’esposto dei 18 lavoratori che ha fatto partire le indagini e ad una denuncia di omicidio colposo. (Fonte Ansa).