Coronavirus, fine zona rossa a Codogno. Ma non si festeggia: "Nostri sacrifici rischiano di essere vani" Coronavirus, fine zona rossa a Codogno. Ma non si festeggia: "Nostri sacrifici rischiano di essere vani"

Coronavirus, fine zona rossa a Codogno. Ma non si festeggia: “Nostri sacrifici rischiano di essere vani”

Coronavirus, fine zona rossa a Codogno. Ma non si festeggia: "Nostri sacrifici rischiano di essere vani"
Coronavirus, fine zona rossa a Codogno. Ma non si festeggia: “Nostro sacrificio vano” (Nella foto Ansa i controlli durante l’emergenza)

LODI – Fine zona rossa a Codogno e nei comuni della provincia di Lodi isolati per coronavirus. Ma in quello che fino a 24 ore fa era identificato come il primo focolaio italiano dell’emergenza, non si festeggia. Anzi, sono in molti a temere di veder vanificati gli sforzi fin qui compiuti dalle nuove misure approvate per contenere il contagio. 

“Abbiamo passato 15 giorni in trincea nella zona rossa, è stata difficile sai? – scrive un cittadino in una lettera aperta al governo – Ci siamo tirati su le maniche nella speranza che il contagio potesse contenersi pagando un sacrificio che difficilmente noi cittadini ci toglieremo dalla testa. Ora che i numeri dei contagi sono diminuiti, aprire i blocchi rappresenta per noi un duro colpo, vedendo vanificato tutti questi sforzi e riecheggiando in noi nuovi tormenti e nuove paure”.

“Ci hanno abbandonato – gli fa eco un’altra cittadina su Facebook – a noi stessi, dandoci tutta la responsabilità di ogni comportamento. Tutto è stato vano, si ritorna a lavorare con la gran paura di essere contagiati e di contagiare gli altri o la tua famiglia”.

“Il Decreto – dice un altro abitante di Castiglione d’Adda – è assurdo. Si sposta gente sui mezzi di trasporto come i pullman verso Milano. Non tutti saranno dotati di mascherine chirurgiche, guanti. Non sempre sarà possibile mantenere la distanza di sicurezza di un metro. Con questo Decreto vogliono salvare l’economia, non la vita della gente. E preghino questi signori che dalla bassa e dalla zona rossa non si muovano persone contagiate o asintomatiche, ignare di esserlo perché non ci hanno più fatto i tamponi. Ma pretendono che si torni al lavoro, scaricando la responsabilità del fatto su un modulo di autocertificazione ridicolo. Forse pensano di lavarsi la coscienza legalizzando la morte”.

Tra gli abitanti di Codogno, si moltiplicano gli appelli a non vanificare gli sforzi fatti finora: “Non giochiamoci il piccolo, piccolissimo vantaggio che abbiamo preso sul virus in 15 giorni di sacrifici” scrive una signora, cui però in molti rispondono spiegando di essere obbligati a farlo: “Come facciamo? Oggi si lavora… In fabbrica con persone che sono sempre state in giro tranquillamente”. 

Si stanno riorganizzando ma “con prudenza, rispettando rigorosamente le indicazioni date dal ministero della salute”. Nonostante le proteste dei sindaci e anche degli abitanti perché “non si guarisce per decreto” e “si rischia di vanificare gli sforzi che abbiamo fatto e che hanno portato all’interno dell’area a una propagazione del virus di gran lunga inferiore al resto della Lombardia”, oggi, qualcuno ha cominciato a riaprire.

“La gente – spiega Flavio Bonvicini, veterinario di Codogno – inizia a muoversi in macchina, il traffico è un poco aumentato ha riaperto qualche bar. In giro c’è molta più gente ma la paura non è passata. Noi manteniamo alta la guardia e la situazione ancora drammatica – ha aggiunto – è che i malati, soprattutto anziani, sono ancora tanti”.

Come racconta la signora Antonella di Casalpusterlengo, anche lei del parere che era “meglio mantenere la zona rossa, aprendo i negozi interni ma mantenendoci isolati perché adesso, essendoci chi va e chi viene si può riaccendere il focolaio”. Già da questa mattina presto il segnale di un graduale ritorno alla normalità “è stata la colazione al bar della figlia e della nipote dopo una corsa in mezzo alla campagna”.

Elia Delmilgio, primo cittadino di Casale, spiegando di sentirsi “preso in giro, perché la zona rossa stava funzionando e così si rischia di vanificare questo sacrificio”, osserva che “qualcuno sta riaprendo, come le attività di pizza da asporto, ma altri sono rimasti chiusi, come i negozi di abbigliamento e anche qualche bar”.

Non diverso a Codogno. Il primo cittadino Francesco Passerini, descrive una comunità che si sta “riorganizzando, molti sono chiusi. Alcune aziende hanno aperto in modo limitato. C’è una forte volontà si continuare con i comportamenti virtuosi e rispettosi delle indicazioni date dal ministero della salute perché vogliamo combattere l’infezione”.

Infine è stato spiegato che i comuni ex zona rossa hanno comunque mantenuto tutti i servizi predisposti nelle settimane dell’isolamento dedicati ai più fragili e agli anziani.

Fonte: Ansa

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