ROMA – Mantenere oppure sospendere per un po’ il servizio di food delivery (la consegna del cibo a domicilio)? In tempo di coronavirus conviene tenere attivo un servizio che , per quanto possa essere definito non essenziale, è comunque utile per evitare che la gente esca di casa? C’è chi dice sì, e c’è chi dice no, perché allo stesso tempo si tratta di un servizio che, anche con tutte le precauzioni del mondo, è un’occasione di veicolo del contagio.
I primi a chiedere la sospensione del servizio sono ovviamente i rider. Da collettivi dei ciclo-fattorini da Napoli a Milano un invito ai consumatori: “Non ordinate, l’emergenza sanitaria non possiamo pagarla noi senza tutele”. Rider che allo stesso tempo chiedono anche un reddito di quarantena per i mesi di stop forzato: “Dovrebbe essere garantito a tutti uno stipendio pari alla media degli ultimi tre mesi”.
Si tratta di una questione non da poco. Ma al momento come funziona la consegna per evitare il contagio? Separazione dei locali destinati alla preparazione del cibo da quelli dove si ritira, mantenimento della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e assenza di contatto diretto in tutte le fasi, consegna compresa.
Da Deliverance Milano arriva anche un appello al premier Giuseppe Conte affinché vengano introdotte misure di sostegno specifiche. “Il reddito di quarantena è una misura emergenziale – spiega il portavoce di Deliverance – Noi pensiamo che si debba parlare di un reddito di base per tutti i lavoratori autonomi. Anche i sindacati confederali si stanno muovendo in questa direzione chiedendo un’indennità di 500 euro al mese”. In Italia i rider sono stimati tra i 15 e i 20mila, almeno 5mila nel capoluogo lombardo, e il loro numero è destinato a crescere nei prossimi anni. (Fonte Ansa).