Coronavirus, frate Aquilino aiuta i parenti dei defunti: "Metto il telefono vicino alla salma e preghiamo insieme" Coronavirus, frate Aquilino aiuta i parenti dei defunti: "Metto il telefono vicino alla salma e preghiamo insieme"

Coronavirus, frate aiuta i parenti dei defunti: “Metto il telefono vicino alla salma e preghiamo insieme”

Coronavirus, frate Aquilino aiuta i parenti dei defunti: "Metto il telefono vicino alla salma e preghiamo insieme"
Coronavirus, frate Aquilino aiuta i parenti dei defunti (Nella foto Ansa, l’ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo)

BERGAMO  –  All’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo c’è un missionario cappuccino di 84 anni, frate Aquilino Apassiti, che ha trovato il modo di far sentire i familiari delle vittime del coronavirus vicine ai loro cari nel momento dell’addio.

“I familiari dei defunti mi chiamano, io metto il cellulare sulle salme dei loro cari e preghiamo insieme”, ha raccontato al microfono di InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei.

Da sei anni fra Aquilino è custode della cappella dell’ospedale di Bergamo, avamposto nella lotta al Covid-19. Ha un tumore al pancreas, ma resta vicino a chi sta peggio di lui tutto il giorno. “L’altro giorno una signora, non potendo più salutare il marito scomparso e nemmeno vederlo un’ultima volta nella camera mortuaria, mi ha chiesto di fare questo gesto. Il telefono era lì, l’ho preso, ho risposto… Ho benedetto la salma del marito, fatto una preghiera e poi ci siamo messi entrambi a piangere per telefono. Si vive il dolore nel dolore. È un momento di grande prova, non possono avvicinarsi… è terribile”.

“In queste ultime settimane – ha raccontato frate Aquilino – ovviamente non posso più vedere di persona i malati, soprattutto coloro che sono in dialisi ma rimango sulla porta della stanza. Lo faccio perché se i pazienti non mi vedono pensano che io sia stato contagiato”.

La cappella dell’ospedale resta comunque aperta a chi vuole può pregare o semplicemente meditare: “La sera spesso viene una dottoressa del reparto di cardiologia e prega per 45 minuti. Si chiama Roberta, mi chiede la comunione”.

Fra Aquilino è stato in Brasile diversi anni, ad operare nei lebbrosari, ma “ciò che vedo qui è forse peggiore, straziante, un dolore toccabile. Ma sono commosso da chi opera qui, i volontari che trasportano le salme, chi fa le pulizie, i medici impegnati allo stremo. Al Signore dico di benedirli e di continua a dargli forza”.

Lui, nell’inferno del coronavirus, si sente comunque fortunato: “Io sono previlegiato… E anche in questo momento ho un privilegio: sono qui a raccontare la mia storia. Apro gli occhi e dico Signore grazie. E gli chiedo di aiutarmi a non tirarmi indietro”. (Fonte: Il Corriere della Sera)

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