Anticorpi monoclonali a chi e quando vanno dati: ai fragilissimi nei primi giorni dell'infezione Anticorpi monoclonali a chi e quando vanno dati: ai fragilissimi nei primi giorni dell'infezione

Coronavirus in Italia, 9.660 nuovi positivi e 499 morti: nessuna regione oltre i mille casi, tasso scende a 3.9%

Coronavirus, il bollettino di martedì 2 febbraio con i dati forniti come di consueto dal ministero della Salute.  

I nuovi positivi registrati nelle ultime 24 ore sono 9.660, i tamponi elaborati tra molecolari e antigenici, sono stati 244.429 tamponi (ieri i nuovi casi erano stati 7.925 su 142.419 tamponi).

Ancora purtroppo molto alto il numero delle vittime: 499 i morti contro le 329 di ieri. 

Alto anche il numero dei guariti e guariti: 18.976 in più in un giorno, dato che porta gli attualmente positivi a 437.765 unità, 9.824 in meno rispetto a ieri quando c’era stato un calo di 6.379 unità.

Aggiornamento delle 21,58

Dall’inizio dell’emergenza sono state contagiate 2.570.608.

Coronavirus in Italia, percentuale tamponi positivi in calo al 3.9 %

La percentuale di tamponi positivi, oggi 2 febbraio si attesta al 3,9% (ieri era del 5,6%). 

Il totale delle vittime da coronavirus dall’inizio della pandemia sale a 89.344

Le 499 vittime odierne sono così distribuite: 76 in Veneto, 72 in Emilia Romagna, 63 in Lombardia, 52 nel Lazio, 38 in Campania, 37 in Piemonte e Sicilia. 

Nessuna Regione conta oggi più di mille nuovi positivi: la più colpita, oggi è la Sicilia con 984 casi, seguita da Campania (919), Lombardia (912), Puglia ed Emilia Romagna (entrambe a 879).

Coronavirus, in calo ricoveri in terapia intensiva (-38)

Le persone ricoverate in terapia intensiva in Italia sono 2.214, quindi 38 in meno rispetto a ieri, nel saldo tra ingressi e uscite. Gli ingressi giornalieri sono 158.

I ricoverati con sintomi sono invece 20.317, quindi 57 in più di ieri.

Coronavirus in Italia, scende il numero totale dei test. Il 40% sono rapidi

Sta scendendo ed è attualmente confrontabile a quello del dicembre scorso, il numero complessivo dei test fatti in Italia dal 15 gennaio.

Da quel giorno, accanto ai test molecolari sono stati inclusi nel conteggio quotidiano del ministero della Salute anche i test antigenici rapidi.

E’ quanto emerge dall’analisi dei dati, sia nazionali sia nelle singole regioni, condotta sulla base dei dati riportati nel bollettino del ministero.

“Emerge che tutte le regioni, inequivocabilmente, hanno ridotto i test molecolari sostituendoli con gli antigenici”.

“Poi hanno aggiunto gli antigenici, ma sostanzialmente la potenza di fuoco è rimasta simile”.

A dirlo all’Ansa è il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca.

Se in dicembre si facevano in media fra 180.000 e 190.000 tamponi molecolari al giorno, attualmente la media complessiva dei test, fra molecolari e rapidi, non arriva a 160.000.

“Se poi consideriamo il tasso di positività sulla base del rapporto fra casi positivi e tamponi molecolari abbiamo un valore del 10%”.

Valore che è dello “0,5% se calcolato sulla base del rapporto fra casi positivi e test rapidi”, ha osservato il virologo.

“In sostanza dal 15 gennaio è cambiato radicalmente il modo di tracciare, di conseguenza sono peggiorati moltissimo sia gli screening sia il tracciamento”.

“In questo modo – ha rilevato – si abbassa il tasso di positività e con esso l’indice Rt”.

“Rispetto a dicembre, la differenza è che sul totale dei tamponi nella media nazionale il 40% sono test antigenici rapidi”, ha detto ancora Broccolo.

Che prosegue: “L’esigenza di inserire i test antigenici rapidi accanto ai molecolari è probabilmente nata dalla volontà di aumentare la potenzia di fuoco nel controllo dell’epidemia”.

Ciò serve “per avere un monitoraggio più frequente e a costi inferiori, considerando i lunghi tempi di refertazione e i costi dei molecolari”.

I test antigenici rapidi “non sono diagnostici, ma – ha precisato il virologo – sono test di screening che andrebbero fatti con una certa frequenza”.

Test che andrebbero fatti “in comunità extra-sanitarie, come le scuole e i luoghi di lavoro”.

“La loro reale efficacia – ha osservato – sta infatti solo e unicamente nel monitoraggio frequente: se questo viene a mancare, perdono senso”.

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