ROMA – La Lombardia è l’epicentro di questa emergenza sanitaria forse anche perché più esposta di altre aree del Paese all’inquinamento atmosferico dell’aria prodotto dalle industrie, dai riscaldamenti e dal traffico delle auto? “Si, è plausibile. È stato detto che molte persone per lo più anziane (la media è 80 anni) sono morte non di coronavirus ma con il virus. Persone già debilitate, cioè con patologie anche innescate da inquinamento ambientale, non disponevano più di un sistema immunitario efficiente. Ricordo che al momento non ci sono medici capaci di diagnosticare una patologia da polveri. In un progetto Europeo (DIPNA) di nanotossicologia, noi abbiamo già dimostrato che cellule attaccate da nanopolveri non hanno più un sistema di difesa capace di reagire”.
Lo dice all’AGI Antonietta Gatti, fisica, tra i maggiori esperti di tossicità delle nanoparticelle a livello internazionale. Ha guidato il laboratorio dei biomateriali del dipartimento di neuroscienze all’università di Modena e Reggio Emilia, ed è stata consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito.
Le polveri sottili presenti nell’aria possono compromettere le difese dell’organismo umano ‘attaccato’ dal coronavirus? “E’ già stato dimostrato dalla Scuola di Leuven (Belgio) che polveri nanometriche (0.1micron), se arrivano agli alveoli, passano la barriera polmonare in 60 secondi e in un’ora possono arrivare a fegato e reni e da lì raggiungere tutti i siti del corpo, nessuno escluso. Questo fatto è noto dagli scienziati, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già stimato in 7.000.000 ogni anno le morti per patologie polmonari, cardiovascolari e cerebrali dovute all’inquinamento. È ovvio che, in un sistema già compromesso dalle polveri ambientali che sono responsabili di uno stato infiammatorio, un ulteriore insulto, per di più infettivo, può accelerare la morte”.
Questa relazione tra ‘efficacia’ del virus e smog non è stata ancora scientificamente dimostrata, ma se esistesse questa relazione, perché città inquinate come New Delhi è stata colpita finora solo marginalmente dal Covid-19. “Per prima cosa, c’è da chiedersi quali valutazioni siano state fatte sulla popolazione. C’è da considerare che la massima parte dei portatori del virus è perfettamente asintomatica e, dunque, sfugge alla rilevazione. Poi, non sappiamo se in un futuro vicino possa scatenarsi anche là un’epidemia. Ci può essere, però, anche un’alta, spiegazione. Il virus non resiste a temperature superiori a meno di una trentina di gradi, cioè è sensibile al calore e si denatura, non si replica e muore”.
L’inquinamento dell’aria è un vettore di trasmissione che può favorire la diffusione di un virus? “L’aria è piena di polveri come ben sappiamo dai valori delle centraline dell’ARPA e i limiti di legge sono ripetutamente superati anche molto abbondantemente. Quelle controllate sono polveri di dimensione 10-2,5 micron, ma ci sono anche polveri ben sotto il micron: Polveri che hanno dimensioni comparabili con quelle di un virus. Una interazione non è solo possibile, ma è probabile. La creazione di un’entità organica-inorganica, una volta nel corpo umano, non è facilmente debellabile. Questa interazione può capitare anche dentro gli alveoli già pieni di polveri. Su questi substrati il virus può replicarsi facilmente”.
Che idea si è fatta di questo virus sotto il profilo molecolare? Perché è così letale rispetto ad altri coronavirus? “La creazione di un’entità organico-inorganico non è debellabile con i normali farmaci. Da anni noi stiamo studiando questa nano-bio-interazione di nanoparticelle con proteine del corpo umano e abbiamo identificato queste nuove entità organiche-inorganiche nel sangue di pazienti con patologie come, ad esempio, la leucemia. Questo virus attacca i polmoni, e quelli dei vecchi, dei fumatori e di chi ha altre patologie come, ad esempio, il diabete, che hanno capacità di difesa che, in alcuni casi, possono rivelarsi insufficienti”.
Il contrasto al contagio attraverso l’isolamento delle persone ha prodotto effetti in Cina, non ancora in Italia. È così che si ‘spegne’ un virus, impedendogli di diffondersi? È giusta questa strategia sostenuta dalla totalità dei virologi? “Ogni epidemia ha una fase ascendente che può essere anche rapida ed una fase discendente. Si può cercare di arginare l’infezione isolando la gente sana da quella malata, così si evita il contagio. Purtroppo, non abbiamo altre armi di difesa. In questo mondo così globalmente interagente un battere d’ali in un punto si ripercuote anche a grandi distanze, tanto da diventare un temporale in un punto lontano. Il problema è che anche l’economia seguirà questo andamento”. (fonte AGI)