ROMA – “Mi sono ammalata di coronavirus al lavoro e ho contagiato i miei genitori. Mio padre è morto, io prendo calmanti per superare i sensi di colpa”.
A raccontare il dramma, al quotidiano online IVG.it, è una operatrice sanitaria della Rsa di Andora (Savona) Stella Maris. La donna ha accusato i primi sintomi del virus a inizio marzo e due settimane fa ha perso il padre.
“Vivo con i genitori – racconta – ho provato ad isolarmi stando in camera, mangiando dopo di loro. Ma non è bastato”.
Dopo un ricovero in ospedale, è stata dimessa il 19 marzo. Il giorno dopo il padre è peggiorato.
“La saturazione è andata completamente fuori controllo, è stato ricoverato ma non è riuscito a superare una crisi”.
Chiede giustizia: “la residenza non ci ha informato in tempo della malattia di un’infermiera e non ci ha dotato di Dpi in tempo utile. Siamo stati avvisati solo il giorno prima che io avessi i sintomi, pretendo giustizia”.
La dirigenza si difende:
“La prima positività è stata evidenziata il 14 marzo, quando una nostra ospite è morta. Lo sconforto della operatrice è comprensibile ma non può giustificare conclusioni sommarie. Non si può affermare con certezza che il virus l’abbia contagiata dentro la struttura”.
Nella casa dal 1 marzo sono morte 6 persone, tra cui una donna di 105 anni non positiva e una malata terminale.
“Oggi nessun paziente ha febbre – garantisce la direzione -. Dal 23 febbraio la struttura è chiusa alle visite. Gli ospiti non accedono a spazi comuni, sono accuditi e consumano i pasti nelle camere. Gli operatori utilizzano tutti i presidi”. (Fonte: IVG.it, Ansa).