Coronavirus, il primario di Codogno: “Il nostro anestesista ha salvato tutti dalla catastrofe”

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Coronavirus, il primario di Codogno: “Il nostro anestesista ha salvato tutti dalla catastrofe” (foto Ansa)

ROMA – “Tireremo il fiato per altri due giorni, poi capiremo se qui la grande ondata dell’epidemia è passata oppure è solo all’inizio”. Stefano Paglia, 49 anni, è il primario del pronto soccorso dell’ospedale di Codogno, nel Lodigiano, epicentro del focolaio lombardo di coronavirus.

Qui è scoppiata l’epidemia dopo il ricovero del cosiddetto “paziente 1”.

 “All’inizio – spiega – aveva i sintomi classici di un’influenza e per due volte ha negato relazioni sospette con la Cina. Non rispondeva alle terapie ed essendo giovane era stato invitato invano a rimanere in ospedale sotto osservazione. Si è ripresentato il 19 notte, la polmonite si era aggravata, nessun farmaco funzionava. Nel primo pomeriggio di giovedì 20, dopo il trasferimento dalla medicina alle terapie intensive, si è accesa la lampadina all’anestesista che ha salvato tutti dalla catastrofe”.

Poi una collega “forzando il protocollo, ha fatto fare il tampone. Prima ancora di avere conferme, personale e reparti sono stati messi in sicurezza”. Secondo il primario, tuttavia, il virus circolava a Codogno molto prima che scoppiasse l’emergenza, almeno da fine gennaio: “I medici di base registravano un boom di polmoniti: ci siamo preparati senza aspettare i finanziamenti”.

“La priorità? Quella del primo giorno. Rallentare il contagio per salvare Milano, le grandi città della Lombardia e il resto del Nord Italia”, perché “se a Milano, Bergamo e Brescia la percentuale di positivi nei prossimi giorni raggiungerà quella del Basso Lodigiano e ora della Bergamasca, l’organizzazione sanitaria finirebbe sotto forte stress. Per fortuna chi deve sapere, lo sa”. Poi, conclude: “Dobbiamo tenere duro ancora un paio di giorni. Tra domani e venerdì nella zona rossa scadono le due settimane di quarantena. Si tratta di un termine cruciale per capire il comportamento del Coronavirus. Faremo i conti e analizzeremo la tendenza. Anche Milano e l’Italia sapranno qualcosa di più su quanto ci aspetta. Si deve assolutamente rallentare il contagio e continuare a riorganizzarci per aumentare gli spazi riservati, a vari livelli, al Covid-19. La fase più assurda forse è passata, ma davanti potremmo misurarci con quella più drammatica. Lavorando con la testa però dimostreremo che la scienza guarisce”.

Fonte: La Repubblica.

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