Coronavirus, parla un rider: "Ci siamo fatti carico delle mascherine da soli" Coronavirus, parla un rider: "Ci siamo fatti carico delle mascherine da soli"

Coronavirus, parla un rider: “Ci siamo fatti carico delle mascherine da soli”

ROMA – “Ci siamo fatti carico da soli dei nostri dispositivi di protezione”. A parlare è Simone, rider di Roma, che ai microfoni di Radio Cusano Campus racconta le condizioni di lavoro al tempo del coronavirus.

Intervistato dalla trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti, Simone parla così della situazione dei riders.

“Noi non abbiamo mai smesso di lavorare. Per chi fa solo food e ristoranti il lavoro è diminuito. Ci siamo fatti carico dei nostri dispositivi di protezione”.

“In un primo tempo le aziende hanno detto che siamo liberi professionisti quindi dovevamo provvedere da soli. Poi c’è stata una campagna mediatica e ci sono state anche alcune sentenze della magistratura del lavoro che hanno stabilito che dovevano essere le aziende a provvedere”.

“A quel punto – spiega Simone –  le aziende hanno annunciato che ci avrebbero pensato loro, anche attraverso comunicati stampa, ma è stata solo un’operazione propagandistica”.

“Alcuni lavoratori di alcune aziende avrebbero ricevuto mascherine e guanti, ma una tantum”.

“Sono state create delle indicazioni per cercare di tenere distanti clienti, riders e ristoratori, ma sono misure insufficienti, anche perché non c’è una regola precisa che dica se dobbiamo salire al piano o se devono scendere i clienti, se dobbiamo prendere l’ascensore o fare le scale”.

“Ci sono poi gli assembramenti, non si riescono a mantenere le distanze di sicurezza in alcuni casi”.

“Questa situazione di crisi ha costretto molti ristoranti a chiudere, sono rimasti aperti quelli che erano già avviati col delivery, quelli di grandi catene del low cost. Questo ha determinato ovviamente i grandi assembramenti fuori dai locali”.

Sui diritti dei riders, Simone ha perso un po’ le speranze: “”La legge approvata a novembre stabiliva una serie di step, se n’è realizzato solo uno: l’applicazione dell’Inail, che era l’unico automatico”.

“Il resto era legato a una trattativa tra le parti. Le imprese hanno evitato di incontrare i sindacati, poi è arrivata l’emergenza e questa trattativa è passata in secondo piano”.

La scadenza della trattativa è fissata a fine ottobre e noi continuiamo a lavorare sempre nelle stesse condizioni”.

“Noi vogliamo essere stabilizzati – conclude –  non abbiamo un orario definito, noi ogni fine settimana sappiamo se la settimana successiva lavoreremo e quanto”.

“Se ci ammaliamo, ci viene un’influenza nessuno ci paga, nemmeno l’Inps”. (Fonte: Radio Cusano Campus)

Gestione cookie