Coronavirus, probabile seconda ondata a ottobre (o a fine maggio): la previsione della direttrice del Sacco

ROMA – Coronavirus, seconda fase di contagi a ottobre? “Forse anche a tre settimane dalle riaperture” (quindi a fine maggio, ndr). 

Maria Rita Gismondo, direttore responsabile di Macrobiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, è stato ospite del programma “L’imprenditore e gli altri” condotto da Stefano Bandecchi, fondatore dell’Università Niccolò Cusano, su Radio Cusano Tv Italia.

La polemica con Borrelli sui dati

“Non c’è nessuna polemica, ho solamente detto che i numeri bisogna spiegarli un po’ meglio.

Quando si danno i numeri dei tamponi positivi bisognerebbe spiegare che si riferiscono a pazienti che sono stati testati giorni prima, a volte anche una settimana prima.

Alla fine Borrelli l’ha anche percepito, consideriamo che lui non è un virologo quindi riferisce quello che dicono gli altri.

Io lo conosco, lo stimo e non c’è nessuna polemica con lui. L’importante è che la gente non pensi che oggi ci siano tot positivi, i dati di oggi riguardano la settimana precedente.

La soluzione di comunicare i dati solo due volte alla settimana è più che logica, anche perchè così si ha un po’ più di tempo per interpretarli.

La cosa importante è vedere il trend, in questi giorni si sta vedendo un abbassamento del numero dei casi in terapia intensiva che è la cosa che ci interessa di più perchè la grande crisi che ha portato questo virus è stata una crisi di gestione sanitaria.

La cosa importante è che non si intasino le terapie intensive”. 

Sulla convivenza col virus

“Questo virus ci ha insegnato che esce fuori da qualsiasi modello sperimentale matematico.

Da quello che abbiamo visto credo che purtroppo sia più che concreta l’ipotesi che a ottobre si possa avere una nuova ondata di contagi, se non addirittura tre settimane dopo la riapertura.

Tutto dipende anche dalla responsabilità personale, bisogna vedere anche come ci comportiamo”.

Sul virus nei testicoli

“Si è visto nelle autopsie sui cadaveri che il virus si ritrova anche nei testicoli. L’ipotesi è che si nasconda dentro i testicoli e poi si possa nuovamente diffondere e reinfettare la persona oppure che diventi un serbatoio del virus e questo spiegherebbe anche la maggiore letalità del virus nei confronti degli uomini.

Al momento comunque non è stato ritrovato nello sperma quindi non c’è alcuna evidenza che si trasmetta per via sessuale”.

Coronavirus nato in laboratorio? 

“Questo non credo che lo sapremo mai. Se anche si scoprisse, sarebbe una tale bomba nella geopolitica che neanche converrebbe rivelarlo.

Un lavoro pubblicato su Nature ha svelato che il coronavirus non è ingegnerizzato, ma naturale, questo comunque non esclude un incidente in un laboratorio.

Quando ci sono di mezzo Cina, Usa, Russia le accuse in qualsiasi settore l’uno contro l’altro ci sono sempre”.

Sui sistemi di sicurezza nei luoghi di lavoro.

“Credo che al 100% nessuno possa garantire nulla. Possiamo provare ad azzerare il pericolo con misure di vario tipo: portare la mascherina, i guanti, ma anche saperli portare.

Ci sono una serie di norme che le aziende devono seguire per garantire un ambiente di lavoro meno rischioso possibile, dal distanziamento sociale, allo smart working”.

Sui test rapidi del coronavirus

“L’Italia ha 21 sanità diverse. In Lombardia le varie aziende si stanno organizzando cercando di testare i propri lavoratori con test sierologici rapidi.

La regione dovrebbe offrire test con il prelievo del sangue e il risultato si dovrebbe avere dopo 2-3 giorni. A me questo metodo lascia perplessa, perchè ci sono test più rapidi e comunque efficienti.

Le aziende si stanno organizzando per conto loro in questi percorsi perchè non hanno intenzione di aspettare giorni e giorni prima di riaprire. Si sta valutando anche il tampone rapido, ne stiamo verificando l’attendibilità”. 

Sulla fase due del Coronavirus 

“Non so assolutamente cosa accadrà e mi trovo anch’io confusa. Da un lato ci sono dichiarazioni nazionali e dall’altro dichiarazioni regionali.

Quello che ho capito è che siamo tutti d’accordo che il 4 maggio si uscirà di casa”. 

Sugli effetti del caldo sul virus

“Quando c’è bel tempo si tende a stare all’aperto, si sta meno vicini l’uno con l’altro in un locale chiuso.

Questo rende più difficile il contagio, ma il caldo non c’entra niente con la scomparsa del coronavirus”. (Fonte Radio Cusano Campus)

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