Corrado Pesce, alpinista italiano morto in Patagonia: è disperso da giorni dopo una valanga

Corrado Pesce è morto in Patagonia. L’alpinista italiano famoso per le sue imprese è morto sul Cerro Torre, nella Patagonia Argentina. Era bloccato lì da venerdì mattina perché ferito da una valanga. Il suo corpo è stato fotografato da un drone 50 metri sotto la piattaforma dove aveva passato la notte col compagno argentino Tomas Roy Aguilò, che si è salvato.

“A quell’altezza, e senza protezione adeguata, la morte per ipotermia arriva dopo massimo due ore”, spiega all’Ansa Carolina Codó, medico argentino responsabile del Centro dei soccorsi alpini di El Chaltén.

Corrado Pesce morto in Patagonia: l’incidente sul Cerro Torre

L’incidente lungo la parete Est, in una zona pericolosissima e soggetta a continue valanghe, dopo aver conquistato la vetta del Cerro Torre, a quota 3.128 metri sulle Ande Argentine. Pesce e il compagno sono stati travolti nel corso della notte da una scarica di neve e di pietre. Aguiló è riuscito a calarsi lentamente in corda doppia, andando incontro alle squadre di soccorso, dopo aver lasciato l’amico italiano, ferito in modo grave e impossibilitato a muoversi, in un piccolo rifugio sulla parete, noto come ‘box degli Inglesi’.

“Non può essere vivo”, sostiene ancora Carolina Codò. Le ricerche, sospese in un primo momento a causa del maltempo e poi riprese, continueranno comunque. “Come ambasciata e consolato abbiamo avuto assicurazioni che le operazioni per raggiungere Corrado Pesce sulla parete del Cerro Torre continueranno nelle prossime ore – afferma, contattato dall’ANSA, il console generale italiano a Bahía Blanca, Samuele Fazzi – Siamo coscienti delle condizioni difficilissime in cui l’alpinista si trova e dei danni fisici che ha subito, ma è escluso che si debba gettare la spugna prima di verificare materialmente le sue condizioni. Insomma, non si deve abbandonare quell’ultima speranza di vita che potrebbe ancora esistere”.

Alla ricerca del corpo di Corrado Pesce

Il diplomatico italiano arriverà al El Chaltén per seguire i soccorsi, a cui partecipano anche numerosi alpinisti stranieri, mentre dalla Francia un gruppo da Chamonix ha dato la sua piena disponibilità a scalare la parete dove si trova Pesce, tra le più difficili del mondo. Prima di una spedizione bisognerà però verificare “dove esattamente si trova il corpo, che potrebbe essersi spostato”, spiega ancora Codò, e valutare “i rischi letali che potrebbero correre i soccorritori, visto che le alte temperature estive e i forti venti potrebbero mettere a rischio la loro sicurezza”.

La famiglia di Pesce è rassegnata

Sembra rassegnata la sorella Lidia. “Maledetta valanga, non riesco ancora a crederci. Con te hai portato via una parte di tutti noi. Sarà dura mandare giù tutto questo buio che hai creato”, scrive su Facebook ricordando “il suo eroe”, lo “Spiderman sul ghiaccio” della famiglia originaria di Novara, e ringraziando i soccorritori e il compagno Aguilò, “per averti messo al sicuro nelle sue difficoltà”.

“Era uno dei migliori al mondo”, lo ricordano le guide alpine di Chamonix, la località francese alle pendici del Monte Bianco dove da qualche anno si era trasferito. “Forse avrebbe voluto così – aggiungono – restare sulle montagne che tanto ha amato”.

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