Corriere della Sera, via Solferino a rischio vendita: il comunicato del Cdr

La sede del Corriere in via Solferino a Milano
La sede del Corriere in via Solferino a Milano

MILANO – Il comitato di redazione del Corriere della Sera, ovvero la rappresentanza sindacale, ha fatto pubblicare sul quotidiano un comunicato per i lettori nel quale si critica il progetto di vendere la storica sede milanese di Via Solferino. Eccolo:

Cari lettori,

nel «Giro del mondo in Ottanta giorni» di Jules Verne, il protagonista Phileas Fogg a un certo punto si trova costretto a comprare un’imbarcazione a vapore pur di raggiungere le coste irlandesi. Finito il combustibile Fogg non esita a smontare la barca e a buttare nella fornace tutto quello che capita a tiro: sedili, panche, suppellettili. L’importante è arrivare in tempo al «Reform club» di Londra per vincere la scommessa.

Contro la svendita Noi pensiamo che il nostro amministratore delegato Pietro Scott Jovane non si trovi nella condizione di Fogg, cioè che non sia salito sulla nave Rcs pronto a bruciare tutto pur di raggiungere gli obiettivi annunciati. Continuiamo a credere che sia, invece, impegnato ad attuare il piano finanziario e industriale per mettere il Corriere della Sera e l’intero gruppo Rcs nelle condizioni di affrontare la doppia sfida dell’innovazione tecnologica e della crisi economica. I giornalisti del Corriere della Sera, così come tutti i lavoratori del gruppo, si sono assunti le proprie responsabilità, firmando accordi che prevedono ingenti risparmi. È importante ricordarlo sempre e non ci stancheremo di farlo. Stiamo ancora aspettando, invece, di conoscere le misure di rilancio concrete.

Nel frattempo, l’amministratore delegato Jovane ha annunciato, in un incontro ufficiale con le rappresentanze sindacali, l’intenzione di vendere (sottocosto, dato il momento e data la fretta) l’intero immobile Solferino-San Marco, per poi riaffittarne (a prezzo di mercato) una quota. Abbiamo già manifestato la netta contrarietà all’operazione: quel palazzo costituisce una garanzia economica per tutti i lavoratori Rcs ed è il simbolo di una tradizione centenaria. Abbiamo spiegato tutto ciò con il comunicato pubblicato sul Corriere venerdì 13 settembre. Il giorno seguente il Corriere non era in edicola e il sito online non veniva aggiornato perché i giornalisti erano in sciopero per protesta.

Lo sciopero, uno strumento che vi priva dell’appuntamento quotidiano con il vostro giornale cari lettori, ma che in certi casi rimane l’unico modo per far pesare la posizione dei giornalisti e degli altri lavoratori. Cambio di programma Ma ora c’è un punto importante da chiarire: perché l’amministratore delegato, nel giro di pochi giorni, ha deciso di mettere in vendita anche la parte storica, via Solferino 28? Non erano questi i programmi. E lo testimoniano i documenti ufficiali, nero su bianco. Ne citiamo solo tre, tutti rintracciabili sul sito www.rcs.it. Nel comunicato stampa che riferisce sul Consiglio di amministrazione del 31 marzo 2013 (approvazione dei risultati trimestrali) si legge (a pagina 8): «Il 22 marzo 2013 è stato affidato unmandato ad una primaria Banca d’Affari per assistere la Società nel processo di cessione del complesso immobiliare cosiddetto San Marco, AD ESCLUSIONE DELL’IMMOBILE STORICO UBICATO IN VIA SOLFERINO» (il maiuscolo è nostro).

Da notare che questa affermazione è inserita nel capitolo «Integrazioni richieste dalla Consob l’8 maggio 2013». Tale impegno, preso da Rcs Media- Group, società quotata, in una comunicazione alla Commissione di controllo (la Consob appunto), è stato poi confermato nella Relazione semestrale di bilancio (pagina 62): «In data 31 luglio il Consiglio ha deciso di proseguire nelle trattative relative al processo di dismissione del complesso immobiliare di Via San Marco». E infine, ecco il comunicato stampa diffuso il 7 agosto 2013: «In data 31 luglio il Consiglio ha deciso di proseguire nelle trattative relative al processo di dismissione del complesso immobiliare di Via San Marco». Come si vede in tutti questi documenti ufficiali si esclude la vendita dell’immobile storico. Ripetiamo allora la domanda: perché l’amministratore delegato ha cambiato idea? È stata data comunicazione agli azionisti che avevano approvato un altro piano, in ben due consigli di amministrazione? È stata data comunicazione alla Consob? È stata data comunicazione al mercato? L’amministratore delegato tiene alla piena trasparenza delle relazioni sindacali e industriali. E finora, va riconosciuto, è stato così. Crediamo si debba continuare su questa strada e, ancora una volta, chiediamo di fermare un’operazione dai contorni poco chiari.

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