ISOLA DEL GIGLIO – Mentre Francesco Schettino ha passato le poche ore della prima notte nella sua casa di Meta di Sorrento, dove è arrivato alle due del 18 gennaio, mercoledì mattina, il suo nome è diventato nel mondo un simbolo della poca affidabilità degli italiani.
Secoli di onore della nostra marina (gli inglesi dedicarono anche un film all’impresa eroica di Luigi Durand de la Penne) andati in fondo al mare dell’isola del Giglio, diventata ormai simbolo di vigliaccheria. Valgono poco i guizzi di orgoglio dei compaesani di Schettino.
Ma non è tutto così e durante la giornata di martedì c’è stata una vampata di onore nazionale sui social media, Twitter e Facebook, che a Schettino ha avuto la forza di contrapporre un altro eroe, Gregorio De Falco, comandante della Capitaneria di porto di Livorno.
“In Italia per ogni Schettino, c’è anche un De Falco. Grazie al cielo”, è la sentenza. Come se non bastasse, è anche un confronto tra due napoletani, uno, sulla scogliera, travolto dalla visione del suo tragico errore e dalla vergogna che ne fa un Lord Jim del ventunesimo secolo; l’altro freddo e in controllo dei nervi, nel suo ufficio in terraferma.
Quella di martedì 17 gennaio è stata una sorta di “De Falco day”. Perché nel comandante della capitaneria di Livorno sono in tanti a cogliere un sollievo, un momento di riscatto. Quello che “per ogni Schettino c’è uno come De Falco”, è stato uno dei commenti più utilizzati.
Appena messi on line gli audio delle telefonate Twitter e Facebook hanno iniziato a ribollire. Su Twiiter gli hashtag sono diversi, tre di questi hanno quasi 20 post al minuto (#vadaabordocazzo – #schettino – #defalco): #vadaabordocazzo diventa subito uno degli hashtag più popolari.
Post di stima per De Falco e indignazione per Schettino. Onore, gloria, e disonore. L’Italia buona e l’Italia irresponsabile. Qualcuno invita a non accanirsi troppo sul comandante della Concordia, a non renderlo vittima di un “tribunale del popolo”.
Su Facebook nascono, i gruppi pro De Falco. Ce n’è anche uno per Schettino, con duemila iscritti, ma anche là, nonostante di le intenzioni di “sostegno” sono le condanne (e gli insulti) ad avere la maggioranza assoluta.
Quella di De Falco, su Twitter, diventa la “cazziata del secolo”. Ma non manca su Facebook chi si chiede cosa “abbia fatto di speciale quest’uomo”. La risposta è semplice, ha fatto quello che doveva. Che forse non è eccezionale, ma, alla luce dei fatti, non è neppure scontato.
C’è chi scrive: “La telefonata fra il comandante De Falco e Schettino andrebbe tradotta subito in tedesco. #Monti apprezzerebbe”. E un altro “Direi che #vadaabordocazzo dovrebbe essere l’hashtag per tutti quelli che dicono ‘non è un problema mio'”. E poi “Viva l’Italia del Comandante della Capitaneria di Porto”. E ancora. “Comunque quella di De Falco è la cazziata del secolo”. E anche: “Io son qua, sto coordinando, ma scusate: che r’è na biscaggina?? Ccà c’stamm’ muzzann’e fridd!! Tenimm’l ummid intelloss!”, scrive il rapper Frankie Hi Nrg, anche lui su Twitter.
Come ha scritto sulla Stampa di martedì Massimo Gramellini parafrasando Giorgio Gaber a fare paura “non è lo Schettino in sé, ma lo Schettino in me”. Non erano ancora state diffuse le telefonate della tragedia, e Gramellini non poteva aver sentito gli ordini di De Falco. Altrimenti, forse, avrebbe scritto qualcosa di diverso. Che dentro di noi esiste una tensione, una lotta tra lo Schettino e il De Falco. E in quella tensione, nonostante tutto, c’è una punta residuale di speranza.
Così la tenacia di un uomo del quale tutti hanno ascoltato la voce, ha battuto i tentennamenti di un altro che avrebbe dovuto restare a bordo. Che invece ha risposto al telefono da una scialuppa di salvataggio. Che non aveva contato i passeggeri rimasti a bordo. Che era al sicuro con gli altri ufficiali. Che negli audio registrati sembra un bambino nel panico sgridato da un adulto. Ma soprattutto un comandante che nel pericolo, non è riuscito a rispettare il codice d’onore. Di lui deciderà il tribunale, deciderà la legge. La reazione della rete è solo una critica alla voce che ha tentennato, alle bugie scoperte, e al disonore.
Sulla Costa Concordia squarciata e inclinata avrebbe dovuto esserci Francesco Schettino, capitano (non coraggioso) che invece era sceso già da qualche ora. A dirigere i soccorsi che arrivavano dall’esterno, invece, c’era un altro comandante, Gregorio De Falco, di origini napoletane e a capo della capitaneria di Porto di Livorno.
Uno sbaglia la manovra, causa l’incidente, si fa prendere dal panico, fugge e si rifiuta di tornare a bordo per soccorrere i passeggeri. L’altro, invece, non perde mai il controllo, organizza subito i soccorsi, chiama più volte l’altro comandante fino a ordinargli quello che, ma è un’inezia, formalmente non può ordinargli, di tornare sulla nave.
Non è tanto quello che De Falco dice, anche se il “vada a bordo, cazzo” ha già fatto il giro del mondo tradotto in tutte le lingue. La sostanza sta nel modo in cui lo dice, in quel timbro che complice la qualità del suono sembra uscire da una vecchia registrazione dell’Istituto Luce. Più le spiegazioni di Schettino si fanno confuse e contraddittorie, più la voce di De Falco si indurisce. Eppure il comandante della capitaneria, gelido, non perde quasi mai il controllo. Solo alla fine, quando è Schettino a chiedergli conto delle vittime, sembra cedere per un istante.
Che poi De Falco non riesca a convincere Schettino è un tragico dettaglio. Il comandante della Concordia, timido e contraddittorio, solo in una cosa è risoluto: guadagnare la terra ferma il prima possibile. Non c’è De Falco che tenga, non c’è ordine che possa arginare la paura.
Al quotidiano il “Tirreno” De Falco ha raccontato di quella notte tra venerdì e sabato. Partendo da un dettaglio che sorprende chi una nave non ha mai maneggiato: “Non è la prima volta che i comandanti di navi, in situazioni di difficoltà, tendono a sminuire e ad essere per così dire silenziosi e reticenti”.
Non a caso, racconta sempre il comandante, la richiesta di aiuto non arriva dalla nave, ma da una passeggera che chiama la guardia costiera e spiega del black out e dei giubbotti di salvataggio. E’ il dettaglio che innesca il tutto: ” Il fatto che il comandante parlasse di guasto elettrico – spiega De Falco – non tornava con l’invito ai passeggeri di indossare i giubbotti di salvataggio. Un comandante serio non può far preoccupare inutilmente i suoi passeggeri facendo loro indossare i giubbotti se non è necessario”.
La Guardia costiera fa il possibile ma, alla fine, De Falco è amaro: “Non siamo riusciti a portare a termine fino in fondo il nostro dovere, quello di salvare tutti. La mia vocazione è il soccorso e non sono soddisfatto se non porto tutti a casa. Purtroppo ci sono stati dei morti”.