Costa Concordia, la maxi-perizia sulla scatola nera inchioda Schettino

Pubblicato il 19 Ottobre 2012 - 22:16| Aggiornato il 20 Ottobre 2012 OLTRE 6 MESI FA
Francesco Schettino (LaPresse)

GROSSETO- Una ”pietra tombale” sulle colpe di Schettino, secondo il procuratore di Grosseto Francesco Verusio; un ”passaggio positivo” in cui ”siamo usciti meglio di come siamo entrati” per il difensore del comandante della Costa Concordia, l’avvocato Bruno Leporatti.

La maxi-perizia fatta fare ai periti dal gip Valeria Montesarchio sulla ‘scatola nera’ e gli apparati di bordo della nave nei momenti del naufragio al Giglio il 13 gennaio scorso, con 32 morti (due i dispersi) e danni umani e materiali incalcolabili, divide le parti anche fuori dall’aula, dopo la fine dell’incidente probatorio, durato dal marzo scorso e conclusosi con un serrato ‘rush’ di cinque giorni filati di udienza al Teatro Moderno di Grosseto. L’incidente probatorio, cominciato a marzo, si è concluso oggi 19 ottobre dopo un rush di cinque giorni di udienza, e la maxi-perizia realizzata dai periti del gip adesso è prova pronta per il futuro processo insieme agli atti presentati dalle parti ed accolti dal gip.

Maxi-perizia che fa cantare vittoria Verusio. ”Questo incidente probatorio ha posto una pietra tombale sulle responsabilità del comandante Schettino’‘, ha detto il procuratore capo di Grosseto che coordina l’inchiesta insieme ai pm Alessandro Leopizzi, Stefano Pizza e Annamaria Navarro. ”Si sono definitivamente accertate le responsabilità del comandante Schettino da noi già individuate nell’ immediatezza del fatto”, ha anche detto Verusio, osservando che in aula Schettino ha mostrato ”una certa supponenza”, ”come se non si rendesse conto di quello che ha combinato”.

La maxi-perizia non sembra essere stata scalfita dall’assalto di ben due giorni portato dalle difese, in particolare dal difensore di Schettino, l’avvocato Leporatti, che ha cercato di coinvolgere nei profili colposi anche la capitaneria di porto di Livorno, la Costa Crociere spa e il timoniere indonesiano di cui per mesi era stata ignorata la presenza in plancia e, in particolare, l’incomprensione di un ordine di virata dato da Schettino e capito ed eseguito al contrario.

Assalti convinti, ma respinti dal collegio dei periti del gip. ”Senza l’errore del timoniere, l’urto subito dalla Costa Concordia avrebbe potuto causare meno danni, non in parti vitali della nave, e l’impatto sarebbe stato meno violento”, ha detto Leporatti che ha ‘battuto’ molto su questo punto, chiedendo anche di estendere l’incidente probatorio al timoniere, decimo indagato dell’inchiesta, ottenendo piu’ volte il ‘no’ del giudice Montesarchio.

Una posizione defilata, quella del timoniere. Ben diversa quella di Schettino, principale indagato che uscendo da una porta secondaria si è limitato a dire ai giornalisti: ”Siamo semplicemente stanchi”. Il suo avvocato gli ha attribuito ”ansia di difendersi e spiegare le sue ragioni”, ma chi lo ha visto oggi lo ha giudicato meno sereno dei giorni scorsi e preoccupato. La maxi-perizia gli attribuisce l’errore della rotta sul Giglio per fare l’inchino; nega che potesse fare una manovra di emergenza per posizionare la nave vicino agli scogli del porto – dove andò  a finire – perché motori e timoni erano ‘out’; gli attribuisce responsabilità nelle comunicazioni con la terraferma e nella gestione dell’emergenza. Gli atti della difesa per ora non sembrano modificare neanche di una sillaba la granitica esposizione degli eventi su cui i periti del gip, guidati dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e inquirenti più consulenti della procura di Grosseto sembrano essere andati a convergere.