Covid: si muore più vecchi (+4 anni età media) rispetto a marzo, ci si infetta più giovani (-6/7 anni) Covid: si muore più vecchi (+4 anni età media) rispetto a marzo, ci si infetta più giovani (-6/7 anni)

Covid: si muore più vecchi (+4 anni età media) rispetto a marzo, ci si infetta più giovani (-6/7 anni)

ROMA – Da marzo a fine maggio “è aumentata di 4 anni l’età media delle persone che muoiono per Covid” e, tra i deceduti, “i principali fattori di rischio sono diabete e malattie del cuore”.

Queste, infatti, sono molto più comuni nella popolazione morta con infezione da nuovo coronavirus, rispetto alla media dei decessi.

E’ quanto spiega all’Ansa Graziano Onder, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell’Istituto superiore di sanità (Iss).

Il report segnala, inoltre, che l’età media dei casi diagnosticati più recentemente si è abbassata di almeno 6-7 anni rispetto al periodo precedente.

E, anche questo, spiegano gli esperti dell’Iss, aiuta a spiegare una riduzione del rischio di morte.

“Dai dati che abbiamo analizzato – spiega Onder – emerge che a marzo l’età media dei deceduti era 78 anni, a fine maggio l’età media era intorno agli 82 anni.

Il fatto che muoiano pazienti più anziani può voler dire che conosciamo meglio la malattia e che i sistemi gestiscono meglio l’emergenza”.

Intanto, con il passare dei mesi diventano più chiari i dati sul collegamento tra Sars-Cov-2 e malattie croniche.

A fare il punto è il Rapporto dell’Iss “Il ruolo delle patologie croniche pregresse nella prognosi dei pazienti Covid-19”.

Covid: donne muoiono meno ma si ammalano di più

Le donne muoiono meno di Covid rispetto alla controparte maschile, ma si ammalano più degli uomini.

E questa tendenza, inversa rispetto alle prime settimane della pandemia, continua a crescere. Nell’ultimo aggiornamento della Sorveglianza Integrata COVID-19 in Italia, a cura dell’istituto Superiore di Sanità (Iss) relativo al 10 giugno, oltre il 54% dei casi di Sars-Cov-2 in Italia riguardava soggetti femminili, a fronte del 46% di pazienti maschi.

Una percentuale in costante crescita da marzo a oggi. (fonte Ansa)

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