ROMA – Questa ''stagione della mia vita e' durissima, da non augurare a nessuno. Ma al tempo stesso, in qualche modo è anche bella''. Lo dice l'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro intervistato dal Messaggero nel carcere di Rebibbia dove sconta una condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia.
''La mafia mi fa schifo – afferma -. L'ho anche scritto sui miei cartelloni elettorali. Sono stato il primo a creare un sistema di assegnazione degli appalti in Sicilia che toglieva discrezionalità ai politici. Ho speso i fondi europei, anche finanziando progetti per diffondere la cultura antimafia nelle scuole''.
''Era il mio modo di fare politica – spiega -, essere a disposizione. Io ricevevo centinaia di persona al giorno. Parecchi chiedevano favori. Moltissimi non volevano nulla. Un giorno alle due di notte c'era un tale che aspettava da ore. Mi salutò e basta. Io domandai: ma ti sei fatto sei ore di anticamera per dirmi cosa? E quello: Niente, ma vuole mettere la soddisfazione di dire a mia moglie che ho preso il caffè col presidente Cuffaro? Ecco, la politica in Sicilia è anche questo. Io ero a disposizione dei miei elettori, era rischioso, ma sapevo farlo solo in quel modo''.
Poi Cuffaro parla della sua esperienza in carcere: ''Di notte scrivo, ho appena finito un libro. La mattina corro un'ora al giorno''. Una stagione di vita ''durissima'' ma per certi versi ''bella'' perche' ''questo è il posto in cui il senso di giustizia è al massimo livello. Così come il rispetto per gli altri e la solidarietà''.
Il momento piu' brutto, ricorda, e' stato l'arrivo a Rebibbia, ''ammanettato'', mentre quello piu' bello ''la visita del Papa e del ministro Severino. Il Pontefice ha detto quella cosa bellissima, che il carcere è una pena, ma se non è vivibile la pena è raddoppiata. Il ministro Severino ha evitato di dire frasi di circostanza ma ha letto una lettera ricevuta da uno di noi; quel giorno i detenuti l'hanno amata come se fosse una mamma''.