ROMA – Dario Franceschini, neo ministro dei Beni culturali, va alla guerra del David di Michelangelo, cui il fotomontaggio di una fabbrica di armi americana ha fatto imbracciare un mitra.
Dario Franceschini, uomo dal carattere focoso, ha imbracciato il suo smart-phone e ha sparato su Twitter:
”L’immagine pubblicitaria del David armato offende e viola la legge. Agiremo contro l’azienda americana che deve ritirare subito la campagna”.
Ha fatto eco al ministro la soprintendente al Polo museale fiorentino Cristina Acidini:
“Diffideremo l’azienda dal continuare a divulgarla”
anche perché, aggiunge il Sole 24 Ore,
“per utilizzare a scopo promozionale qualunque opera custodita nei musei fiorentini è necessaria una valutazione della congruità dell’immagine”.
L’immagine del David di Michelangelo, informa il Sole 24 Ore, è stata pubblicata da riviste specializzate e lo slogan è “A work of art”, un’opera d’arte. Il fucile pubblicizzato, il AR-50A1, vale 3 mila euro.
Intanto Pompei cade a pezzi, muri millenari crollano, i turisti sono assediati da zingari e scippatori, nei musei, tranne a Udine, il personale legge e fa le parole crociate invece di controllare i visitatori, e questi vanno in paranoia per un fotomontaggio un po’ scorretto politicamente ma spiritoso e che alla propaganda turistica male non fa. Ci sarà sempre qualcuno che penserà a una foto vera e andrà a Firenze per vedere l’originale.
Invece di ringraziare per quel po’ di pubblicità risparmiata, andranno a spendere migliaia di euro e tempo di funzionari pubblici e diplomatici per chiedere il ritiro della foto o i danni. E poi dice che non è una grande bellezza. In America, dove in materia di armi hanno idee un po’ diverse che da noi, rideranno come dei matti.
Franceschini, per il breve periodo in cui fu segretario del Pd, si distinse per quella infelice frase contro Berlusconi che poi fu costretto a rimangiarsi, chiedendo scusa:
“Alle italiane e agli italiani vorrei rivolgere una semplice domanda: fareste educare i vostri figli da quest’uomo?”.
Avrà anche avuto ragione, ma il segretario di un grande partito non deve scendere a livello di moralista del bunga bunga.