Denis Verdini e la sua banca: soldi dei correntisti agli amici in rosso

Denis Verdini (foto Lapresse)

ROMA – La banca di Denis Verdini è differente. La “sua” banca, il Credito cooperativo fiorentino che presiedeva fino a due anni fa, differente lo era davvero per via delle politiche con cui venivano concessi i finanziamenti. I soldi dell’Istituto, quelli che i correntisti normalmente affidano alle banche, venivano utilizzati per investimenti vari. Fin qui, nulla di strano, ogni banca ha le sue politiche per far rendere al meglio il capitale. Ma la banca “differente” di Verdini aveva una particolare predilezione per certi imprenditori amici, almeno questo emerge dall’inchiesta dei magistrati fiorentini che hanno accusato il coordinatore del Pdl di falso in bilancio e con lui altre 55 persone con varie accuse. Imprenditori che a loro volta erano invece esposti con la stessa banca, erano “in rosso”. Insomma loro avevano i debiti e ricevevano altro denaro. Verdini a quanto pare finanziava, spesso a fondo perduto e falsificando i bilanci, alcuni amici e familiari tra cui la nipote Serena. Un giro totale di soldi, i soldi dell’Istituto e quindi dei correntisti, quantificato dai magistrati in circa 100 milioni di euro.

In particolare il Credito cooperativo fiorentino si è dimostrato negli anni particolarmente generoso con gli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei, nomi che già sono comparsi in altre inchieste romane. Oppure con il collega di partito Marcello Dell’Utri, che ricevuto 3 milioni e 200 mila euro “nonostante – scrivono i magistrati – (il senatore) fosse già esposto con la stessa banca” per un mutuo di due milioni di euro concesso nel 2004 con almeno 5 rate arretrate e “fosse già esposto con il sistema bancario per oltre 7 milioni di euro”. Una vicenda per la quale la centrale rischi segnalava “continui sconfinamenti e rate non pagate”.

Quella di Verdini, Fusi, Bartolomei è descritta dai magistrati come un’associazione a delinquere in grado di determinare “le strategie societarie e bancarie finalizzate a ottenere soldi” per società proprie o di prestanomi. Verdini “praticava una politica creditizia palesemente in contrasto con la normativa e la prassi vigente nel sistema bancario… per finanziare le iniziative di Fusi e Bartolomei nelle quali aveva talvolta anche interessi diretti e occulti”.

Alcuni esempi di finanziamenti anomali li fornisce La Stampa:  “E così ecco 12 milioni di finanziamento alla Società Toscana Industria del Freddo, nonostante una precedente esposizione bancaria per 34 milioni; ecco altri 12 milioni alla società» Alfieri srl; 9 milioni all’Olympia srl, 4 milioni e mezzo al Il castello di Signa (di proprietà di Serena Verdini), altri 4 milioni alla Cassis srl”.

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