Disastro alla centrale, Capitani è morto per un colpo alla testa

Pubblicato il 9 Aprile 2010 - 00:45 OLTRE 6 MESI FA

Una giornata, la sesta dalla morte di Sergio Capitani nella centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord, che si è consumata nell’attesa dell’autopsia. Questa ha stabilito che la causa immediata della morte dell’operaio è stato il colpo alla base del cranio contro un palo dell’impalcatura.

Ma questo è solo un primo elemento e per capire il ruolo delle esalazioni di ammoniaca occorre aspettare gli esami tossicologici. Per quanto riguarda un’eventuale intempestività dei soccorsi la risposta sarà fornita entro 36-38 ore. Ma sono ben sei le violazioni delle norme antinfortunistiche accertate dagli uomini dell’Ispettorato del lavoro di Roma che stanno svolgendo le indagini tecniche sull’incidente.

Violazione di legge tra i motivi dell’ iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo di undici tra responsabili dell’Enel e delle ditte appaltatrici. L’Enel ha spiegato che «i soccorsi sono stati estremamente tempestivi». In giornata un duro botta e risposta tra azienda elettrica e Fiom: per Gianni Rinaldini «le responsabilità degli omicidi sul lavoro, perchè non si può più parlare di morti bianche, sono dell’azienda madre, in questo caso dell’Enel».

Accusa che l’Enel respinge con forza perchè «parlare di omicidio e illegalità vuol dire sostituirsi a chi ha il compito di giudicare: la magistratura e gli organismi preposti ai controlli, ai quali l’Enel sta dando massima collaborazione e lo attesta il certificato redatto dal dottor Filippo Lanciani, di turno quella mattina presso il presidio interno permanente in cantiere».

Ma a Civitavecchia c’è attesa e apprensione anche per l’esito delle verifiche che la task force degli esperti sta facendo passando al setaccio la centrale, prima “leggendo” le carte e da domani, a motori parzialmente accesi, per individuare possibili criticità sul fronte delle dotazioni per garantire la sicurezza dei lavoratori durante la produzione.

Dal canto suo il sindaco, Giovanni Moscherini, che ha sfidato il colosso energetico imponendo uno stop di produzione e cantieri, che ad alcuni è sembrato eccessivo, «non cambia linea». E pur piegandosi alle richieste degli esperti della task force, che hanno chiesto la ripresa dell’attività di una parte degli impianti, anticipando i tempi rispetto alla sua prima ordinanza, ha assicurato i lavoratori preoccupati che una eventuale accelerazione dei tempi potesse ridurre la possibilità di controlli accurati.

«Siamo nelle mani dei tecnici esperti, abituati a lavorare sul campo – ha detto loro – La politica fa la sua parte assumendo le decisioni conseguenti agli esiti delle verifiche».