Divorzio breve approda alla Camera. Basterà un anno per dirsi addio?

Pubblicato il 21 Maggio 2012 - 20:18 OLTRE 6 MESI FA

Maurizio Paniz (Lapresse)

ROMA – Approda alla Camera la proposta di legge sul cosiddetto divorzio breve. Il testo unificato messo a punto dal relatore Maurizio Paniz (Pdl), che riceve sostanzialmente un consenso bipartisan, prevede che il tempo della separazione, prima di ottenere il divorzio, sia di un anno (non più tre), che diventerebbero due in presenza di figli minori. In più stabilisce che la comunione tra i coniugi cessi nel momento in cui il magistrato li autorizza a vivere separati. Ma un voto cattolico trasversale a tutti gli schieramenti potrebbe affossare nuovamente la proposta. Il divorzio breve avvicinerebbe l’Italia alle altre legislazioni europee in materia di diritto di famiglia. In Francia bastano dai tre ai sei mesi, in Germania tutto accade dopo un anno, ma senza più tornare di fronte i giudici. Divorzi sprint anche in Grecia, Romania e nella cattolicissima Spagna, dove non solo bastano sei mesi per dirsi addio ma già dal 1998 le unioni di fatto sono riconosciute a pieno titolo. Sull’altro fronte si collocano paesi come Malta, dove la possibilità di rescindere dal vincolo del matrimonio esiste solo da maggio 2011.

Questi in sintesi i contenuti del ddl discusso oggi in Aula a Montecitorio:

Un anno di separazione se non si hanno figli minori (articolo 1, comma 1). Se non si hanno figli minori per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno un anno a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale.

Due anni di separazione se si hanno figli minori (articolo 1, comma 1). Se si hanno figli minori per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno due anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale.

Quando sai scioglie la comunione fra i coniugi (articolo 2). In caso di separazione personale, la comunione fra i coniugi si scioglie nel momento in cui, in sede di udienza presidenziale, il presidente autorizza i coniugi a vivere separati.

La proposta torna in Aula dopo circa 10 anni e sebbene il relatore sia un pidiellino, è forte tra gli azzurri il fronte del no. Se Paniz in aula parla di testo di “mediazione” frutto del lavoro della commissione senza preclusioni a valutare eventuali proposte di miglioramento, nel Pdl c’è chi la pensa diversamente.

Dal Senato il capogruppo Pdl, Maurizio Gasparri, avverte: “Sarebbe un errore banalizzare il matrimonio con tempi di separazione lampo. Il Parlamento deve meditare bene su questa scelta. In Italia chi non vuole contrarre matrimonio e’ libero di effettuare le sue scelte, cosi’ come chi voglia limitarsi soltanto a quello civile non e’ obbligato in alcun modo a fare scelte di tipo confessionale. Nello stesso tempo credo che sia giusto rispettare i principi costituzionali che riguardano il matrimonio e la famiglia. La banalizzazione rischia di creare un ulteriore sbandamento nella società italiana”, aggiunge “Il matrimonio deve essere una scelta consapevole. Tempi di separazione troppo rapidi potrebbero portare a considerare questa scelta come qualcosa di futile e di facilmente reversibile – prosegue il presidente dei senatori Pdl – Con conseguenze che poi ricadrebbero soprattutto sui figli nati in matrimoni che durano lo spazio di un mattino. Le scelte del Parlamento dovranno quindi essere attente e meditate e riteniamo che ci sia pieno diritto di sostenere con convinzione e forza un punto di vista diverso da quello che sembra prevalere”.

A Montecitorio, l’azzurra Barbara Saltamartini, esordisce: “Comprendo il lavoro difficile e le tante mediazioni, ciononostante non appartengo a quella maggioranza che ha approvato in commissione il provvedimento. Ritengo che anche quando si è all’opposizione bisogna combattere le battaglie in cui si crede”. Poi aggiunge: “Penso che un tema come quello del divorzio meriti una ampia riflessione che non può essere confinata nella discussione spesso semplicistica che ci porta a dire visto che la societa’ cambia allora dobbiamo adeguarci”. “Purtroppo – prosegue – leggendo la infinita documentazione che ci arriva dall’Europa la cultura dominante che si sta trasmettendo mi lascia assolutamente perplessa. Si saluta come progresso la tendenza ad intendere la famiglia come una forma di convivenza quotidiana in cui gli individui definiscono liberamente i lodo diritti e doveri e li affermano come scelte personali su cui solo loro possono decidere”. La famiglia “di fatto viene ridotta alle relazioni affettive primarie, dimenticando che essa non e’ un semplice gruppo primario, ma e’ anche una istituzione sociale”. Osserva ancora e conclude: “Una cultura che non mi appartiene, che voglio combattere, che mi porta a dire che non è certo questa l’Europa a cui guardare. E noi, con questo provvedimento, rischiamo seriamente di avvalorare questi tesi relativiste riducendo la famiglia ad una convivenza puramente affettiva tra persone che possono revocare in ogni momento e senza perdere troppo tempo questa appartenenza”.

Secco no della Chiesa Cattolica. La Chiesa è contraria sia al divorzio breve che alle leggi che aprendo alle coppie di fatto “consacrano la precarietà affettiva”. Lo ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco aprendo i lavori dell’assemblea Cei. “Essere distratti rispetto al bene insuperabile della famiglia – ha spiegato il cardinale – fa soffrire anche la società, che indebolisce il suo più rilevante cespite di vitalità, di coesione e di futuro”. Per questo, ha aggiunto, “in una cultura del tutto-provvisorio l’introduzione di istituti che per natura loro consacrino la precarietà affettiva, e a loro volta contribuiscono a diffonderla, non sono un ausilio né alla stabilità dell’amore, né alla società stessa”. Secondo il cardinale Bagnasco, “la famiglia non è un aggregato di individui, o un soggetto da ridefinire a seconda delle pressioni di costume oggi particolarmente aggressive e strategicamente concentrate non puo’ essere dichiarata cosa di altri tempi”. Ecco perché, ha concluso, “l’ipotesi del cosiddetto ‘divorzio breve’ contraddice gravemente qualunque possibilità di recupero, e rende complessivamente più fragili i legami sociali”.

Una legge di civiltà secondo l’Idv.  “Quella sul divorzio breve è una legge di civiltà. Da statistiche è dimostrato che solo l’1% delle coppie separate tornano sui loro passi, mentre sono moltissime quelle che vanno all’estero, dove i tempi per ottenere il divorzio sono più brevi. Italia dei Valori è favorevole ad un accorciamento dei tempi. Su temi, quali i diritti civili, il Parlamento si mostra troppe volte in ritardo”.  Antonio Borghesi, vicepresidente del gruppo Idv alla Camera, in una nota spiega: “Serve un approccio laico, al passo con le esigenze delle società, ispirato alla scrittura di buone leggi in favore di quei cittadini che vivono non solo le difficoltà affettive provocate dalla fine di un matrimonio, ma anche quelle burocratiche e tempi troppo lunghi della giustizia civile”. “Accorciare i tempi non significa svilire l’istituto del matrimonio, un’unione tra due persone che si basa su profondi valori. Significa semplicemente venire incontro a chi, ad esempio, intende regolarizzare nuove situazioni affettive sorte nel frattempo” conclude Borghesi.

Emendamenti Pdl: servono 3 anni se i figli sono minori.  Oltre una decina di emendamenti a firma Pdl è piovuta sul ddl: in caso di figli minorenni la separazione, consensuale o giudiziale, non può arrivare prima dei tre anni, secondo gli azzurri. Recita infatti uno degli emendamenti all’articolo 1 del ddl, di cui è prima firmataria Barbara Saltamartini, ma con lei anche l’ex sottosegretario all’Interno e già magistrato, Alfredo Mantovano:”In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente, da almeno un anno se la separazione personale è consensuale e senza figli, da almeno due anni se la separazione personale è giudiziale in assenza di figli e tre anni se la separazione personale è giudiziale o consensuale con la presenza di figli minori, a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L’eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta”.