MILANO – Marco Cappato è indagato per aiuto al suicidio in relazione alla morte di Dj Fabo e a seguito dell’ autodenuncia di ieri, martedì 28 febbraio, davanti ai Carabinieri. E ora rischia tra i 5 e i 12 anni.
Marco Cappato, dell’Associazione Coscioni, che ieri aveva dato in rete la notizia della morte di Fabo, si è presentato dai carabinieri in caserma a Milano per autodenunciarsi: “Il mio obiettivo è portare lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità”. E ancora: “Se ci sarà l’occasione di difendere davanti a un giudice quello che ho fatto, lo farò in nome di principi costituzionali e libertà fondamentali, che sono più forti di un codice penale scritto in epoca fascista e dove ancora non si fa differenza tra l’aiuto a un malato che vuole interrompere una sofferenza e sbarazzarsi di una persona di cui ci si vuole liberare”. Poi ha duramente criticato quanto dichiarato da Mario Adinolfi: “È aberrante mettere sullo stesso piano gli ebrei sterminati e le persone che scelgono di morire”, ha detto, commentando il post di ieri su Facebook in cui Adinolfi aveva affermato che “Hitler, almeno, i disabili li eliminava gratis”.
“Spero di essere incriminato e di potermi difendere in un processo”, ha detto poi Cappato durante un’intervista a Radio 24. “In Italia è reato l’istigazione al suicidio – ha aggiunto Cappato -, ma in questo caso non c’è stata alcuna istigazione. Aiuto sì, perché sabato mattina ho caricato Fabo sulla sua macchina con la sua carrozzella e per cinque ore ho fatto un viaggio straziante”, ha spiegato. Poi ha aggiunto: “Ora lo Stato ha due strade: o fare finta di nulla, nel senso che essendosi tutto svolto fuori dall’Italia fa finta di non sapere niente oppure incriminarmi e io spero che lo faccia”