“Una casa o mi do fuoco”. Pescarese tenta gesto estremo in Comune per un alloggio popolare

Il palazzo del Comune di Pescara

«Per colpa vostra vivo come uno zozzone. Adesso basta, mi do fuoco». E’ entrato nell’aula consiliare, si è seduto all’ultimo posto, ha tirato fuori una bottiglietta con la benzina e se l’è versata addosso. Poi, urlando «stavolta mi do fuoco», si è spostato vicino alla grande tenda dell’aula e ha acceso la fiammella dell’accendino. L’autore del gesto limite è Domenico Zazzara, 48 anni, di Pescara: vuole chiedere una casa all’amministrazione, alloggio per cui, però, non avrebbe i requisiti.

Un vigile ha preso l’estintore, il sindaco Luigi Albare Mascia e alcuni assessori si sono avvicinati all’uomo. Lui ha spento l’accendino ed è rimasto in un angolo, chiedendo disperatamente una casa e dicendo: «Vivo in un tugurio, mi avete abbandonato, sono diventato uno zozzone».

Zazzara ha un passato difficile. Sfrattato prima per morosità e poi per occupazione abusiva di un alloggio popolare, non è nuovo a gesti estremi: già nell’aprile scorso è salito in cima al palazzo del Comune ed ha minacciato di buttarsi. «Così, finisci al manicomio» gli sussurra il sindaco tentando di calmarlo.

Il quarantottenne non è solo residente nel comune di Pescara ma anche inquilino dell’amministrazione locale. Dopo un breve soggiorno pagato dall’amministrazione in albergo, Zazzara ora vive in uno scantinato del palazzo del Comune, in condizioni precarie. Il sotterraneo è abbandonato, senza luce, l’uomo dorme  a terra, su uno stuoino.

Di giorno, poi, Zazzara, entra nel palazzo, si siede su una sedia e aspetta il passaggio di un assessore per chiedere una casa. Ma l’amministrazione è ferma. Zazzara «non ha i requisiti per una casa, che non vuole stare dalla Caritas e non vuole andare a vivere dalla mamma. Non può ricattare il Comune» dice l’assessore alle Politiche sociali Guido Cerolini Fortini.

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