Don Roberto Malgesini, tunisino ammette l’omicidio: temeva il rimpatrio

L’omicida di don Roberto Malgesini sentito in questura ha ammesso l’assasinio: temeva di essere rimpatriato in Tunisia

Ha ammesso l’omicidio e lo giustificato dicendo di temere il rimpatrio in Tunisi: è quanto ha detto ai pm l’assassino di don Roberto Malgesini, 51 anni, il parroco di Como vicino a senzatetto e immigrati. 

L’omicida ha descritto dinamica e movente dell’omicidio, quest’ultimo “riconducibile al convincimento di essere una vittima di un complotto che ne avrebbe determinato il rimpatrio in Tunisia”. Lo scrive in una nota il procuratore della Repubblica di Como Nicola Piacente.

“Non sono emersi allo stato coinvolgimenti dell’indagato in percorsi di radicalizzazione – prosegue il procuratore -. Sulla base degli elementi acquisiti, la Procura provvederà nelle prossime ore a formalizzare una richiesta di convalida dell’arresto per omicidio volontario”. 

A maggio il Covid aveva sospeso l’espulsione dell’omicida

Il cittadino tunisino fermato per l’ omicidio di don Roberto Malgesini era entrato illegalmente in Italia nel 1993. Avrebbe dovuto essere espulso nel 1996, ma il provvedimento era stato revocato in seguito al matrimonio con una cittadina italiana.

Con il diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari nel 2014, l’uomo è stato successivamente destinatario di più provvedimenti di espulsione.

L’ultimo, riferisce l’Ansa, è stato adottato nell’aprile 2020, ma non è stato possibile effettuare l’allontanamento dal territorio a causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19

Cordoglio dalla Caritas di Como: “Ma il dolore non faccia chiudere le porte”

“Oggi è un giorno triste per l’intera città di Como e ora viviamo il tempo del silenzio e della preghiera e non delle polemiche”. Lo ha detto il responsabile della Caritas di Como, Roberto Bernasconi.

Bernasconi ha anche sottolineato come don Roberto non fosse un “battitore libero” ma faceva parte del cammino ecclesiale di servizio ai più poveri.

“Ma domani, quelle persone che don Roberto aiutava, saranno sempre lì e avranno ancora bisogno di vicinanza e aiuto, per questo credo sia necessario recuperare una dimensione di collaborazione fattiva, dove ognuno possa mettere a servizio degli altri quello che è e le possibilità che ha. In modo che assieme si possa ricostruire un cammino di concordia e collaborazione, di fraternità. Perché la paura non ci faccia chiudere le porte e il martirio di don Roberto dia a tutti la capacità di ritrovare lo spazio propositivo all’interno del tessuto della città”. (Fonte: Ansa)

 

 

 

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